giovedì 29 maggio 2008

Formiche operose

Sono particolarmente orgoglioso, in qualità di agricoltore fai-da-te, della pianta di pesco (varietà Poppa di Venere, di polpa bianca) che abbiamo piantato l'anno scorso in giardino. Già l'estate scorsa ci ha regalato ben undici frutti, magnifici, di un sapore che mi ha subito riportato all'infanzia (chissà perché quelle che si comprano non sanno più di niente!). Insomma, avete presente quelle pesche che le addenti e tutto il succo ti si sbrodola sul mento, e ti devi sporgere in avanti per non macchiarti la maglia?
Quest'anno la fioritura è stata davvero generosa, e grazie ad una primavera precoce in marzo una splendida macchia rosa ha abbellito il giradino. I fiori apparivano molto più "convinti" di quelli dell'anno scorso, probabilmente grazie alla maturazione della pianta. Poi però, bizzarrie meteorologiche, è tornato il freddo, addirittura è nevicato a fine marzo, e temevo che non ci fosse stato abbastanza tempo perché gli insetti impollinatori facessero il loro dovere. Quando è arrivato di nuovo un tempo decente, infatti, ormai i fiori avevano cominciato ad appassire, ed è stata invece una piacevole sorpresa constatare, qualche settimana dopo, che dove erano caduti gli eroici fiori si sono generati una gran quantità di piccoli frutti, promessa per un raccolto abbondante.

Particolare della pianta di pesco in diverse fasi di maturazione. Da sinistra a destra: il bocciolo all'8 marzo; al 15 marzo; il fiore comincia a schiudersi (20 marzo); dopo la nevicata del 23 marzo; di nuovo il sole (30 marzo); qualche tempo dopo l'appassimento dei fiori cominciano a svilupparsi i frutti (4 maggio); l'ultima foto è di ieri (28 maggio).
Chissà se però quei frutti riusciranno ad arrivare fino alla maturazione. Il pesco si è infatti pian piano infestato di afidi, che si stanno mangiando tutte le foglie. Ho chiesto aiuto al mio agronomo di fiducia, che volentieri pubblicizzo, il quale mi ha consigliato di spruzzare del sapone di marsiglia disciolto in acqua, che è innocuo per l'uomo, per il pesco e per l'ambiente in generale, tanto da essere approvato come rimedio in agricoltura biologica, ma micidiale per gli afidi. L'inconveniente è che non li tiene affatto lontani. Muoiono ma poi subito ne arrivano di nuovi, e quindi bisogna continuare a spruzzare il sapone.

Foglia del pesco danneggiata dall'attacco degli afidi
Il problema è che le foglie infestate da afidi prima si piegano in due, poi si accartocciano finché alla fine muoiono e quindi non producono più il nutrimento necessario alla pianta, proprio ora che ce n'è più bisogno per nutrirne i frutti.

Ma c'è una storia, che mi ha raccontato l'agronomo di cui sopra (laureato con una tesi in entomologia), dietro l'infestazione degli afidi, davvero sorprendente.
Si tratta di una storia di simbiosi tra insetti di speci diverse. Le formiche sembrano particolarmente ghiotte di una sostanza vischiosa secreta dagli afidi, chiaramente visibile sulle foglie infestate. Gli afidi a loro volta prediligono le foglie di alcune piante, tra cui il pesco. Le formiche quindi si caricano in groppa le larve di afidi e le vanno a depositare sulle foglie del pesco, dopodiché due o tre formiche rimangono costantemente su ognuna di quelle foglie a presidiare l'"allevamento" e a difenderlo dai predatori. Questo atteggiamento di difesa è facilmente osservabile avvicinando un pezzetto di legno alle foglie infestate. Le formiche nelle vicinanze si raggruppano e, con espressione truce in volto (ma questo particolare è forse solo frutto di suggestione!?!), eroicamente attaccano l'intruso con le loro micidiali tenaglie.
Insomma, il comportamento delle formiche con gli afidi è in qualche modo simile a quello degli umani coi bovini, e a guardare le condizioni disastrate del mio povero pesco non posso che chiedermi se l'analogia con l'uomo non sia altrettanto devastante... Ma non perdiamoci in ragionamenti filosofici e non lasciamoci intenerire dall'ingegno dimostrato delle maledette formiche: non dimentichiamoci che mi stanno compromettendo il piacere di sbafarmi quella delizia! Nessuna pietà quindi contro quei dannati afidi e le loro protettrici. La guerre est la guerre!

La devastante quantità di parassiti che in questo periodo attanagliano il nostro bel pesco mi fa pensare che quest'anno il sapone non sarà sufficiente, come invece fu l'anno scorso, e sto già studiando una strategia di offensiva per il prossimo anno:
le coccinelle!!!
Pare che le coccinelle siano terribili predatori di afidi, e ho scoperto con una ricerca su internet che ci sono alcuni negozi online che ne vendono le larve, ad esempio qui.
Il fatto che da noi questi insetti in pigiama siano un po' rari mi fa pensare che forse il clima non sia adatto per un simile allevamento. Sul sito linkato dicono infatti che le larve si sviluppano in individui adulti a temperature di 20-25 gradi da marzo a maggio. In quel periodo da queste parti è di solito più freddo. Ci riuscirò? Qualcuno di voi ci ha mai provato?

E voi, di che colore è il vostro pollice?

venerdì 23 maggio 2008

Io sono per il risparmio

Questo post prende spunto da una discussione nata sul blog di Maurice, riguardo all'utilizzo, per bere, dell'acqua venduta nella grande distribuzione, tipicamente nelle bottiglie di plastica o vetro piuttosto che l'"acqua del sindaco" (cioè quella proveniente dall'acquedotto), che viene dichiarata potabile, e spesso più pura di quella in bottiglia.

Noi, in casa, facciamo uso di acqua nelle bottiglie di vetro con vuoto a rendere. Il tentativo è di limitare all'osso lo spreco di plastica, combattendo non solo la dispersione di questo materiale inquinante, ma anche il danno ambientale, di entità minore ma pur sempre non irrilevante, proveniente dai processi di riciclo.
Ma anche le bottiglie di vetro con vuoto a rendere causano inquinamento inutile, perché questo sistema comporta alcuni sprechi, ad esempio il detergente per lavare la bottiglia, il tappo di plastica per chiuderla (notare che la quantità di materiale contenuto in un tappo è maggiore di quella nella bottiglia di plastica), l'etichetta di carta e la colla per appiccicargliela sopra, l'energia elettrica per le macchine imbottigliatrici, il carburante per il trasporto alla grande distribuzione, il carburante per il trasporto a casa, e poi tutto il tragitto all'indietro del vuoto, fino a tornare a chiudere il ciclo.
Però, l'"acqua del sindaco" del nostro comune, anche ammesso che sia batteriologicamente pura, fa decisamente schifo. Sa di cloro ed è molto calcarea. Per quest'ultimo problema ci sono efficaci filtri in commercio, ma contro il cloro non esiste alcuna soluzione semplice, che io sappia.

In quella discussione, Maurice stesso scrive:
Credo che sia necessario anche mettersi d’accordo sullo sviluppo sostenibile, come sostengono alcuni ecologisti fra i quali vorrei collocarmi.
Una semplice bottiglietta d’acqua inquina il pianeta, ma dà anche lavoro (e quindi produce ricchezza) a chi deve produrre la bottiglia ed il tappo, a chi la imbottiglia, a chi la trasporta, eccetera.
Leggiamo spesso cifre precisissime sull’inquinamento - ricordo a memoria che una bistecca inquina quanto un’auto che corre per 50 km - ma non ho mai letto quanto valore produce la bistecca in termini di lavoro e di ricchezza.
Credo che si possa vivere con agiatezza rispettando la natura e l’ambiente, senza con questo ritornare alle società primitive. Ammesso che esse rispettassero l’ambiente, come non hanno fatto i pellerossa distruggendo le foreste delle grandi praterie per permettere la sopravvivenza delle mandrie di bisonti e di loro stessi.
Io penso che sia un errore giustificare il consumismo con la scusa che si tratti di un sistema che consente una redistribuzione equa della ricchezza. Tanto per cominciare perché non appare affatto equa.
Ma soprattutto, la falla del capitalismo consumista è proprio intrinseca nel meccanismo secondo cui la quantità di beni (e servizi) commercializzati deve sempre crescere, e quindi anche l'inutile deve essere comunque venduto (e comprato).
Da un lato è vero che la commercializzazione di una bottiglietta di acqua fornisce ricchezza a chi fa parte della sua catena di produzione/distribuzione. Ma prendiamo ad esempio l'autotrasportatore che la trasporta sul suo camion, che chiameremo Mario. A conti fatti, quant'è la ricchezza che Mario ricava dal trasporto di una bottiglietta? Sicuramente meno del costo al dettaglio di quella bottiglietta. A Mario, indefesso lavoratore, verrà pure sete, prima o poi, no? E come si disseterà? Berrà dal rubinetto l'"acqua del sindaco"? No! Applicando diligentemente la logica del consumismo andrà al supermercato a comprare una bottiglietta d'acqua simile a quelle che ha trasportato (spendendo di più di quanto ha guadagnato per ognuna di esse).
Ora, è pur vero che il nostro Mario di bottigliette non ne trasporta una sola, ma un camion intero, e non verrò certo a raccontare che la fatica necessaria per quel trasporto gli procura una sete tale da scolarsi l'intero carico. Ma è anche vero che Mario avrà esigenza di acquistare anche altri prodotti, i quali tendenzialmente avranno subito analoghi passaggi commerciali. Se Mario acquista una mela perché ha fame, vuol dire che c'è un altro autotrasportatore che ha trasportato le mele. E quest'altro autotrasportatore avrà magari necessità di dissetarsi con l'acqua di Mario, oltre che sfamarsi con le proprie mele.
Insomma, applicando questo meccanismo a tutto il sistema chiuso, la società consumerà esattamente l'intera quantità dei prodotti che vengono commercializzati, spendendo esattamente la quantità data dalla somma del denaro che ogni singolo individuo ha guadagnato come frutto del proprio lavoro. In questo sistema, quindi, non è stata creata alcuna ricchezza. Al più è stata redistribuita in quantità minori o maggiori a seconda di quanto abbia lavorato ciascun individuo. Siccome la quantità di ricchezza nel sistema chiuso non è infinita, se la ricchezza è proporzionale al lavoro, quando un individuo lavora di più, gli altri individui sono costretti a lavorare di meno. E questo meccanismo genera disparità sociale, cioè l'esatto opposto di ciò che il sistema si ripropone.

Si potrebbe obiettare che invece di spendere l'intera quantità di soldi guadagnati, sarebbe più prudente risparmiarne un po'. Cioè, che Mario decida di non acquistare la mela, se non ha troppa fame, ma di metterne da parte i soldi. Così facendo, però, quella mela rimarrebbe invenduta, e la ricchezza destinata a chi ha lavorato per produrla non sarebbe disponibile. In buona sostanza se aumentassero i risparmi, nel nostro sistema chiuso diminuirebbero i consumi di pari passo, e quindi diminuirebbero anche i soldi da redistribuire.
In altre parole, nel nostro sistema chiuso, se si evitasse di comprare il superfluo, è vero che si avrebbe una riduzione di ricchezza circolante, ma è anche vero che tale riduzione sarebbe esattamente equivalente al valore del bene superfluo invenduto.
Per tornare al nostro esempio, se tutti noi utilizzassimo l'"acqua del sindaco" è vero che, come dice Maurice, diminuirebbe la ricchezza che si sarebbe distribuita nella catena commerciale dell'acqua in bottiglia, ma è anche vero che globalmente quella ricchezza perduta equivarrebbe esattamente al risparmio che avremmo per non aver acquistato l'acqua in bottiglia stessa.
E allora, dov'è il vantaggio sociale nell'acquisto dell'acqua in bottiglia?

Una considerazione è necessaria sul fatto che, in questa analisi, ho considerato un "sistema chiuso", il che, apparentemente, non si applica perfettamente alla realtà. Nel mondo capitalista occidentale (e anche nella quasi totalità del resto del mondo), i sistemi economici non sono chiusi, nel senso che si basano sostanzialmente sull'esportazione (e sull'importazione).
L'affermazione che lavorando di più si guadagna di più a scapito di altri che, lavorando di meno guadagnano di meno, in un contesto di sistema non chiuso è falsa, poiché l'eventuale eccedenza di prodotto non andrebbe perduta ma esportata. Ma questo assunto presuppone che vi sia altrove un altro sistema non chiuso (un Paese importatore) che acquista l'eccedenza.
Questo però comporterebbe che il Paese importatore non ha necessità di prodrre il bene importato, e quindi non ha la possibilità di impiegare lavoratori in quel ciclo produttivo, e di produrne la relativa ricchezza necessaria per acquistare quel prodotto. E questo mi pare un aspetto poco etico del sistema, visto che comporta l'aumento del debito pubblico, e quindi della dipendenza politica, del Paese importatore, aumentando il divario sociale tra Paesi ricchi e Paesi poveri.
Considerando invece l'economia globale del mondo, che è per forza un sistema chiuso, visto che non è possibile esportare al di fuori del pianeta (e pare che non lo sarà ancora per molto tempo), nessuna ricchezza può essere creata, se per ricchezza si intende la capacità di acquisto. La ricchezza è pari alla somma di tutti i beni prodotti globalmente, e quindi è chiaro che quella derivante dalla produzione di un bene inutile è essa stessa inutile perché consente solo l'acquisto di un bene inutile.

La vera ricchezza dovrebbe essere calcolata non in base al potere d'acquisto, ma in base al possesso di beni utili per migliorare la propria vita. Ad esempio, l'invenzione, la produzione e la distribuzione dei telefonini cellulari non ha affatto creato ricchezza nel senso di capacità di acquisto degli individui. Semplificando, la ricchezza data dai salari dei lavoratori che hanno contribuito nell'invenzione/produzione/distribuzione dei telefonini è pari alla ricchezza sborsata dai consumatori di quel prodotto... alla fine, cioè, le persone che lavorano, percepiscono un salario che poi serve loro per acquistare i beni che producono. La vera ricchezza fornita dal progresso invece è la possibilità di usufruire di quei beni utili. Se non ci fossero stati i telefonini noi non avremmo potuto mandarci tutti quegli SMS per comunicarci quei messaggi romantici tipo "TVTTTTTB".

Ammettendo che l'acqua in bottiglia ha la stessa qualità dell'"acqua del sindaco" (cosa palesemente falsa nel caso del mio comune), l'acquisto dell'acqua in bottiglia è assolutamente inutile dal punto di vista economico e solamente un danno da quello ecologico.

Io però non sono un economista. Dove stà l'errore del mio ragionamento?

mercoledì 21 maggio 2008

Castrovalva


Castrovalva
Questo posto incredibile si chiama Castrovalva, ed è una frazione di Anversa degli Abruzzi.

Percorrendo l'autostrada Roma-Pescara si esce a Cocullo, dirigendosi verso Scanno. Attraversata Anversa degli Abruzzi, si entra nelle Gole del Sagittario, e dopo un ponticello un bivio a sinistra indica appunto Castrovalva.
Dopo qualche tornante di una strada stretta si comincia a vedere il paesino in cima alla cresta della montagna avvicinarsi fino a che la strada si infila in una caverna scavata nella roccia per sbucare subito sull'altro lato della cresta. Ancora un po' e siete arrivati. La strada finisce lì, con un paio di parcheggi.
Si tratta di poche case, tre chiese, un circolo (chiuso) e un bed and breakfast, dotato di qualche camera e un paio di piccoli appartamenti, in uno dei quali abbiamo alloggiato (il b'n'b è facile da trovare, ma evito di consigliarlo, visto che i gestori appartengono a quel genere di persone che, pur non mancando di lamentarsi per il malfunzionamento dei servizi evitano accuratamente di dare il contributo dovuto alla comunità, rilasciando la ricevuta fiscale).

La cosa che più stupisce di questo villaggio è l'assoluto silenzio, quasi assordante, rotto solo dai rumori della natura... uno stormo di uccelli, il fruscio del vento, il miagolio di un gatto... Durante le festività (abbiamo trascorso lì anche il 1' maggio) si riempie un po', e si sentono i rumori delle case vicine, nonché i motociclisti, trecento metri sotto, sulla strada delle Gole. Ma l'atmosfera di pace e tranquillità che si respira è sempre predominante. Anche gli odori sono diversi, sanno di erbe rare, di giardini esotici.

M. C. Escher, Castrovalva (1930)

L'idea sconcertante che ci si fa guardando Castrovalva è che sia sospesa lassù sfidando ogni legge di gravità. Questa sensazione è ben resa dal fedele dipinto di M. C. Escher che lì ha soggiornato per qualche tempo. Sì, proprio quello del nastro di Moebius cavalcato dalle formiche e dei frati impegnati a risalire all'infinito scale impossibili... (guardando il dipinto, in secondo piano, in basso a destra, si vede Anversa, e dietro, in lontananza, Cocullo).

Mappa dell'escursione
(dal depliant del WWF)

Il clima era perfetto per una bella escursione... gambe in spalla, dunque!
Abbiamo imboccato la carrozzabile contrassegnata dal segnavia 18, che porta al piccolo cimitero e poi prosegue in un comodo sentiero tra i boschi. Ad un certo punto si vede dall'alto il paese di Anversa, che, percorrendo il sentiero, rimane come punto di riferimento. Si scende sotto il livello di Anversa fino alle sorgenti di Cavuto, sul fiume Sagittario, dove c'è la sede del parco del WWF, raggiungibile anche con l'automobile da Anversa. Nel giardino della struttura ci siamo fermati per una sosta, dove Maddie si è fatta un'abbuffata di coccole da parte di alcuni turisti romani arrivati con un pullman. R. ha scattato qualche foto ai cespugli di erbe che vengono coltivate in quel luogo, ognuna con il cartello che ne indica il nome, dalle più comuni come il timo ad alcune mai sentite nominare (sembra che Anversa fosse famosa nel medioevo come base per la raccolta di erbe officinali o più o meno magiche...).
Dopo una mezzoretta di riposo abbiamo ripreso il cammino lungo il sentiero 17, che dapprima costeggia nel bosco il fiume Sagittario, un centinaio di metri sotto il livello della strada, e poi sale fino a raggiungere il ponticello dove c'è il bivio per Castrovalva. Qui si riemerge dalla macchia e purtroppo bisogna seguire per un tratto la strada asfaltata, finché il sentiero si mette a salire più decisamente tra le rocce, tagliando i tornanti, fino a giungere di nuovo a Castrovalva dalla parte opposta dell'imbocco del sentiero 18.

A passo lento ci abbiamo impiegato circa tre ore e mezza.
L'escursione è bellissima, salvo forse la parte finale che, nel pomeriggio, rappresenta il tratto più impegnativa proprio sotto il sole. Infatti il mio consiglio è di affrontare l'anello in modo diverso: parcheggiare l'auto alle sorgenti di Cavuto, salire a Castrovalva sul sentiero 17 al mattino ancora freschi di fatica e temperatura, e ritornare sul sentiero 18, molto più facile ed in discesa.

lunedì 19 maggio 2008

Un weekend piovoso

Per il weekend appena trascorso, incoraggiati dalle magnifiche giornate di sole della settimana, avevamo deciso di andare a fare una bella escursione qui in Valsassina, non troppo faticosa ne' lunga considerato che il cucciolo Mr. Bentley ha una autonomia ancora abbastanza limitata, e quindi avremmo con ogni probabilità dovuto ad un certo punto portarlo nello zaino.
Ma cia abbiamo rinunciato perchè ha piovuto a catinelle per tutto il tempo, schiarendosi un pochino solo domenica sera, e regalandoci una splendida vista che sembra rubata ad un documentario sulle foreste tropicali. E va be'... l'escursione e' rimandata al prossimo fine settimana.
Questo è quello che si vedeva dal nostro terrazzo ieri sera.

Vista dal terrazzo
e da casa vostra che cosa si vede?

lunedì 12 maggio 2008

Un nuovo ragazzo sul terrazzo


Mr. Bentley
È nato l'11 febbraio ma è entrato a far parte della sua nuova famiglia (o, per dirla con lui, del suo nuovo branco), solo sabato scorso. È un bassotto tedesco a pelo duro e si chiama Mr. Bentley.
È ancora spaesato, poverino, e di notte fa un casino da non riuscire a chiudere occhio (speriamo che i vicini sopportino un po'). Incredibile che un cosino così piccolo possa produrre tanto baccano!
Maddie, l'altra cangnetta del branco, per adesso l'ignora. O almeno fa finta di ignorarlo, perché ogni volta che tentiamo di fare una carezza a Mr. Bentley, Maddie arriva e gli ruba in volata tutte le coccole.
Gli abbiamo attaccato una campanella sul collare perché non fa altro che seguire ogni nostro singolo passo, con il rischio di finire sotto ai piedi.
E voi, avete animali in casa?