giovedì 30 agosto 2012

Asìntoto verticale

La destra, antica e callosa, il palmo rivolto verso l'alto, appena incurvato a cucchiaio, in un moto lento ma deciso verso la superficie legnosa, per poi scivolare di lato come ad accarezzare amorevolmente col dorso della mano un invisibile corpo steso sul tavolo. Oppure come tastando delicatamente con i polpastrelli e il palmo una sfera immaginaria di aria soffice sospesa proprio li'.
Lo sguardo, Lui, lo manteneva puntato con dolcezza su di me, a dispetto del volto che sincronicamente seguiva, in modo appena accennato, il moto della mano, parallelamente al braccio. La schiena stanca incurvata in avanti. L'altra mano, aperta, appoggiata sul tavolo, lo manteneva in equilibrio.
Quel gesto era un invito a prendere posto sulla sedia di fronte a lui, come avesse qualcosa di importante da dirmi.
Sapevo che era cosi'. Era sempre cosi', con Lui. Se mi diceva qualcosa, doveva trattarsi di qualcosa di importante.
Tutto sta nel definire che cosa sia importante, avrebbe detto Lui. Anzi no. Non l'avrebbe detto, ma l'avrebbe sicuramente pensato. Che, in fondo, in questo concetto e' racchiuso tutto il significato della vita. Lui lo sapeva, cosa e' importante, ed io mi fidavo ciecamente di Lui anche se la mia mente e il mio corpo giovane non riuscivano a liberarsi di mille pensieri e pulsioni. In effetti non conoscevo un modo diverso di essere. Pieno di passione, di entusiasmo di fare, di progetti da realizzare. Alla fine la cosa importante rischiava sempre di rimanerci nascosta dietro. Ma Lui no. Lui vedeva. Con chiarezza.
Come tirate dai fili di una marionetta, le mie labbra abbozzano appena un sorriso, quasi imbarazzato, che rivela la mia volonta' di accettare il suo invito. A sedermi ed ascoltare. Lui mi risponde con un invisibile guizzo degli occhi.
Con passo goffo mi avvicino alla sedia. L'aria e' dolce dell'uva fragola matura appesa al pergolato sopra di noi.
Complice la calura estiva, appena rotta da una debole brezza, la situazione mi ricorda... gia': cosa mi ricorda? Dev'essere una di quelle esperienze che chiamano deja vu, perche' io so di essere gia' stato qui, con Lui, adesso, nel passato. O nel futuro.
Muovo un poco la sedia per potermici sedere sopra, lentamente, per non fare rumore e danneggiare il momento grave. Mi siedo, continuando ad osservarlo. Ha una camicia con un disegno tartan rosso e blu, a maniche lunghe rimboccate. E sopra la camicia un paio di bretelle. Lui lascia il tavolo e si appoggia stanco al bastone da passeggio. Afferra con l'altra mano lo schienale della sedia e lentamente si siede. Mi guarda negli occhi a lungo. Alla fine annuisce. Non a me, ma a se stesso, per confermare la decisione presa sul mio conto.
Afferra la bottiglia di vino. E' una bottiglia senza etichetta, col tappo a vite. Riempie i due bicchieri fino a meta'. Sono bicchieri di vetro spesso, da osteria, di quelli che anche se cadono difficilmente si rompono. Appoggia di nuovo la bottiglia al tavolo e con un movimento della mano verso di me mi invita a berne. Afferro il bicchiere. Afferra il suo. Beviamo. Lui assapora il suo vino chiudendo gli occhi.
Riappoggiamo i nostri bicchieri al tavolo, lentamente. Spezza il silenzio solo il ronzio degli insetti tra i grappoli.
Sbilanciandosi ruota la sedia in modo da poter vedere l'intera vigna. La guarda. La osserva. Io seguo il suo sguardo. Poi guarda me. Mi osserva. Torna sulla vigna, con un gesto della mano, ad indicare non un punto preciso, ma il tutto. Tutta la vigna, tutta la vallata, tutto il mondo.
Mi scruta di nuovo. Come un amico, un fratello, un padre, un nonno. Il volto come un ulivo millenario. Socchiude poco gli occhi, come per mettere a fuoco l'essenza di cio' che vede dentro di me.
E parla.
Un soffio di voce a stento udibile, mentre annuisce appena.
"Domani...".
So che a dispetto della parola sospesa, non arrivera' alcun seguito. Ma non e' necessario.
Abbassa un poco lo sguardo e torna a fissare l'infinito attraverso la vigna. Gli occhi lucidi. E ripete, con voce ancora piu' bassa, questa volta rivolgendosi solo all'enormita' di se stesso.
"Domani..."
E qui la curva del tempo ha un asìntoto verticale.

venerdì 17 agosto 2012

La proprieta' della tecnologia

Anni fa ho letto un racconto di Asimov, mi pare inserito nella raccolta Io Robot, in cui si narrava di un futuro piu' o meno prossimo dove quelli che potevano (all'inizio pochi privilegiati, poi piu' o meno tutti) si slegavano dalla necessita' di andare al lavoro, acquistandosi un robot che lo facesse per loro. Il robot aveva due braccia, due gambe, una testa con due occhi... insomma, si trattava di una macchina antropomorfa che durante la giornata lavorativa faceva le esatte cose che fa un lavoratore, a partire dall'uscire di casa con la valigetta in mano, prendere l'autobus eccetera.
Io questa storia l'ho letta moltissimi anni fa, e quindi non so fino a che punto e' Asimov che parla o la mia immaginazione che ci ha fantasticato su'.

Pero' ricordo la prima riflessione che ci feci sopra, vedendomi mentalmente la scena dell'operaio-robot al lavoro in catena di montaggio. Mi sono chiesto perche' mai quella macchina dovesse avere mani come le nostre, che sono strumenti eccezionali in generale ma di sicuro non ottimizzate affatto a determinati compiti come ad esempio avvitare viti (tant'e' vero che il buon Dio ha inventato il cacciavite per aiutarci in questo compito). Insomma, perche' un robot che avvita viti dovrebbe avere una cosa articolata come una mano per afferrare in un modo molto complicato un cacciavite anziche' una specie di protesi tipo un avvitatore elettrico che compie lo stesso lavoro in modo molto piu' efficiente, da tutti i punti di vista, compreso quello della produttivita'?

E allora, da questa riflessione se ne possono ricavare mille altre. Ad esempio, perche' il robot dovrebbe avere un sistema di telecamere posizionato su una testa antropomorfa in modo da analizzare le immagini rilevate per realizzare un fine talmente stupido come centrare la testa di una vite con la punta di un cacciavite (o della protesi avvitatrice)? Non sarebbe piu' semplice e piu' efficace un sistema in cui nella catena la vite si posizionasse sempre nell'esatto punto e quindi l'utensile per avvitarla ci si appoggiasse sopra alla cieca? Ci libereremmo di strumenti delicati come le telecamere e soprattutto di algoritmi complicatissimi di riconoscimento di immagini!

Le gambe e i piedi dell'uomo sono organi formidabili perche' possono eseguire compiti tra i piu' diversi, ma se il loro unico scopo fosse recarsi da casa al lavoro e viceversa, forse sarebbero piu' semplici ed efficienti quattro zampe, o addirittura sei come gli insetti (i primi prototipi di macchine camminanti sono stati realizzati appunto con sei gambe, caratteristica che offre maggiore stabilita' e minore complicatezza di realizzazione). Addirittura, posto che non ci fossero drammatiche barriere architettoniche, la macchina potrebbe avere ruote anziche' gambe: potrebbe funzionare decisamente meglio di una carrozzina per paraplegici. Curiosity (il veicolo inviato su Marte) si muove su sei ruote, ed e' stato progettato per affrontare un percorso accidentato per definizione.

Estendendo questo discorso ci si potrebbe chiedere perche' mai un robot che debba solo lavorare al posto mio dovrebbe ritornare a casa la sera per poi recarsi al posto di lavoro la mattina. Finirei per dover risolvere il problema di trovargli un posto dove riporlo perche' non intralci. Tanto vale lasciarlo al suo posto di lavoro, dove altrimenti rimarrebbe dello spazio vuoto inutilizzato. Oltretutto, in questo modo i nostri personal robot eviterebbero di intasare il traffico. Ed avremmo risolto il problema della mobilita': se non si deve muovere non ha bisogno ne' di gambe ne' di ruote.
Certo, se ci fosse l'esigenza di liberare il posto del mio robot in catena di montaggio per far spazio al robot del mio collega che ricopre il turno successivo, allora sarebbe un altro paio di maniche.
Ripensandoci, pero', ma perche' io e il mio collega dovremmo avere due robot uguali che fanno lo stesso lavoro in tempi diversi? A questo punto potremmo acquistare un solo robot in coproprieta'. Quel robot sara' mio schiavo nel turno affidato a me e schiavo del mio collega nel turno affidato a lui.

Certo verrebbe da chiedersi, visto che il lavoro lo fa sempre lo stesso robot, perche' dovremmo avere, io e il mio collega, un robot in coproprieta'. Il mio robot me lo compro io e copro sia il mio turno, sia quello del mio collega. Che magari verrebbe licenziato, ma io mi farei il doppio salario standomene a casa a grattarmi la pancia. Gia', potrei sopportare quel piccolo problema di coscienza. Del resto, il mio collega, se vuole, puo' anche cercarsi un altro lavoro e far lavorare un robot uguale al mio, facendosi gli stessi soldi a fine mese. Se lo trova.
Perche' poi, portando questo discorso al limite, invece che pagare il salario a un numero di dipendenti, sufficienti per far coprire tutti i posti di lavoro ai loro robot, l'azienda potrebbe acquistare da se' i robot e lasciare a casa tutti i dipendenti.
Uhm.... lasciare a casa... il lavoro in effetti lo fanno i robot, e i dipendenti sono gia' a casa!
Qual'e' la differenza? Che il malloppo se l'intasca chi possiede il robot.

Ad oggi funziona esattamente cosi', in effetti. I robot non sono affatto antropomorfi, e non se ne vanno a casa a fine turno. Non e' la gente che li possiede, ma l'azienda. E quindi chi e' stato sostituito con lavoro automatico e' stato licenziato, perche' non piu' produttivo.

Appare ragionevole e conveniente pensare di sostituire la fatica di lavorare dell'uomo con quella di una macchina. A patto che pero' la ricchezza rimanesse dove sarebbe nel caso di un lavoro non meccanizzato.
Perche', in fondo, per chi non lavora, che la produzione sia meccanizzata o no, non fa nessuna differenza.
La verita' e' che la tecnologia non modifica semplicemente il modo di lavorare, ma accentra il potere e la ricchezza nelle mani di chi la controlla. E l'unico soggetto in grado di controllarla e' l'azienda.
Una soluzione paradossale a questo problema e' obbligare chi automatizza i processi di produzione, tramite l'acquisto di tecnologia, a sborsare il denaro equivalente alla retribuzione della forza lavoro risparmiata in un fondo che serve ad assicurare un pari salario ad altrettanti disoccupati. In questo modo si continuerebbe a distribuire la ricchezza e al progresso della societa'.
Evidentemente questo e' un paradosso, perche' se non ci fosse l'incentivo del risparmio sul salario dei dipendenti, all'imprenditore la tecnologia non interesserebbe piu'. Altro che miglioramento delle condizioni di lavoro!

mercoledì 8 agosto 2012

Mi piace...

...iniziare la mia giornata lavandomi la faccia con l'acqua fredda, anche d'inverno
...terminare la mia giornata con una doccia bollente, anche d'estate.
...camminare a piedi nudi
...le ragazze a piedi nudi
...la pelle sudata
...rannicchiarmi sotto le coperte
...i massaggi alla schiena
...cucinare per qualcuno
...la frutta estiva matura
...la papaya alle Hawaii
...il silenzio
...il jazz
...camminare sui sentieri di montagna, specialmente nei boschi
...il vino rosso
...la birra belga
...il cioccolato fondente
...il formaggio francese
...Mozart
...l'odore dell'aglio
...il profumo della lavanda
...il colore giallo
...l'universo gay e lesbico
...guidare
...partire per un viaggio
...tornare a casa
...la mediocrita'
...i miei cani che mi fanno le feste quando torno a casa, mentalmente stanco, la sera
...i temporali estivi
...il fuoco acceso nella stufa
...poggiare la testa sul petto di Rowena, la notte
...Rowena che mi accarezza i capelli
...la sensazione dell'acqua tra i capelli, quando nuoto senza cuffia
...nuotare in apnea
...ascoltare i rumori della foresta, nelle sere d'estate
...i fiori d'acacia
...il Waimea Canyon, nell'isola di Kauai
...gli sguardi d'intesa tra innamorati
...gli sguardi d'intesa tra Rowena e me
...lavorare il legno
...gli abbracci stretti
...le t-shirt colorate
...i venerdi' pomeriggio
...andare in bici
...la sensazione ovattata della neve che cade a grossi fiocchi
...la primavera
...il foliage
...i romanzi gialli scandinavi
...i romanzi di Andrea Camilleri
...Daniel Pennac
...rileggere il Piccolo Principe, ogni tanto
...imparare cose nuove
...inventare
...osservare gli insetti impollinatori al lavoro
...la democrazia
...i mercati Provenzali
...il duomo di Milano nella nebbia
...le striature di neve e ghiaccio sulle rocce del Resegone
...la Francia rurale
...l'Alto Adige
...la pizza

le striature di neve e ghiaccio sulle rocce del Resegone (Wikipedia)
...mordere un pomodoro del mio giardino, ben maturo, appena colto
...sorprendere
...le vecchie foto in bianco e nero dei miei genitori
...lo styling delle automobili
...uscire con gli amici di sempre, e finire a discutere di politica davanti ad una birra
...le minoranze, di tutti i tipi
...l'alba dietro ai cieli nuvolosi, quando il sole dipinge raggi sfumati e fa scintillare i contorni dei cumuli
...la matematica
...la solidarieta'
...Emergency
...l'AIDO e l'ADMO
...il Signore degli Anelli (il libro)
...la bellezza dell'arte fine a se' stessa
...le piste ciclabili
...la raccolta differenziata
...coltivare la terra

martedì 7 agosto 2012

Meno male!

Meno male che ci sono i tedeschi a difendere l'autonomia del nostro Parlamento e, in definitiva, la nostra democrazia!