La vacca è l'animale simbolo della regione Valle d'Aosta. Qui, infatti, l'allevamento
della vacca è molto diffuso, e i prodotti di origine bovina sono particolarmente
pregiati. Latte, formaggi, carne.
In quella regione abbiamo assaggiato per la prima volta una specialità ottenuta da
un insolito taglio: il "Teteun", cioe' la mammella [pronuncia tetén, dove entrambe le
e suonano più come il dittongo vocalico nell'inglese "bird" o nel francese "beuf" o nel tedesco
"Köln"].
Durante le vacanze dello scorso agosto siamo andati alla sagra dedicata a quel prodotto
nella cittadina di Gignod, la "la Fëta di Teteun", e l'abbiamo assaggiato in tre diversi
modi: bollito, stufato con salsa di pomodoro e affettato sottile come un prosciutto cotto.
Mi aspettavo di mangiare qualcosa di duro e nodoso. Invece la carne è molto tenera,
un po' spugnosa, molto simile al prosciutto cotto. Come spesso capita con la
cucina regionale di tradizione, questo tipo di alimento prende origine dall'esigenza
di non sprecare alcuna parte commestibile dell'animale.
Parlando di vacche, abbiamo avuto il piacere di assistere ad un altro evento tradizionale:
le "Batailles
de Reines" [le battaglie delle regine]. Come la signora del nostro bed and breakfast
ci ha spiegato, le vacche di una mandria, in mancanza di un toro dominante, allo stato brado
tendono naturalmente a combattersi l'una l'altra per stabilire una gerarchia, in testa
alla quale c'è la Regina. Questi combattimenti, simbolici, e mai
cruenti, sono tuttavia molto spettacolari. Terminano quando una delle due contendenti
si sottomette all'altra, platealmente fuggendo dalla spinta della fronte dell'avversaria.
L'evento delle "Batailles de Reines" è il campionato di combattimenti tra regine di diverse
mandrie, organizzato come una competizione ad eliminazioni. Noi siamo andati ad una giornata
delle eliminazioni, dove circa 100 vacche di diversi produttori erano divise in coppie.
In un grande spazio circolare avevano luogo tre diversi combattimenti contemporaneamente.
Il tifo era molto sostenuto. La cosa più strana era il linguaggio parlato dallo speaker:
il dialetto locale, che suonava un po' come un misto di italiano e francese. Evidentemente
lo spettacolo era rivolto agli spettatori locali.
Sfortunatamente non c'è stato modo di vedere le finali, che si sarebbero disputate l'11
ottobre ad Aosta, in una arena coperta dedicata. Dicono che questo appuntamento annuale
è in genere un evento molto sentito dagli aostani.
Altre informazioni su questi eventi su Rubbah
Slippahs in Italy,
qui
e qui.
venerdì 25 settembre 2009
giovedì 17 settembre 2009
San Marco - Valcava
Questa escursione era piuttosto ovvia, per noi. Infatti è sufficiente
uscire di casa e cominciare a camminare in salita.
Per raggiungere il paesino di Valcava in cima alla montagna, si può procedere sulla strada asfaltata, ma questa via non è bellissima durante gli weekend di bel tempo, perché è invasa da orde di milanesi in cerca di paesaggi bucolici.
Ci sono però molte alternative per raggiungere quella destinazione su sentieri escursionistici, tagliando i tornanti della strada o superandoli su percorsi più scostati.
La prima volta che ci abbiamo provato (17 agosto), sia noi sia i cani un po' fuori forma, a metà strada abbiamo deciso di ritornare, stanchi per la mancanza di esercizio e per il caldo torrido di quel giorno. Abbiamo camminato sulla strada asfaltata, ed è stato piuttosto facile, ma un po' faticoso nell'ultimo chilometro dove la salita è davvero ripida (18%).
Dopo un paio di settimane (5 settembre), di ritorno dalle vacanze, abbiamo tentato la seconda parte, parcheggiando l'auto esattamente alla fine dell'escursione precedente. Questa volta, cercando di evitare la strada asfaltata, abbiamo subito trovato un bel sentiero segnato. Questa parte è risultata molto più interessante, attraverso campi e boschi, con alcune vedute impossibili da cogliere dall'auto. Ad un certo punto ci siamo imbattuti in un incrocio di diversi sentieri dove c'è un lavatoio in pietra alimentato da acqua sorgiva, ancora in uso.
Questa volta abbiamo raggiunto Valcava, la meta, senza utilizzare la strada asfaltata.
Domenica scorsa (13 settembre) abbiamo tentato l'intera escursione. Per salire abbiamo camminato esattamente sulla stessa via delle precedenti escursioni. Per ritornare abbiamo cercato di rimanere sui sentieri. La parte centrale, davvero ripida sulla strada, è ancora peggio sul sentiero, e questa, in effetti, è la sola parte un po' dura di tutta l'escursione.
Sfortunatamente durante la discesa la batteria del mio GPS è morta. Proprio quando ne avevamo bisogno, infatti ad un bivio abbiamo preso la direzione sbagliata. La deviazione è stata di un paio di chilometri, fortunatamente abbastanza in piano.
Il sentiero che abbiamo percorso e' contrassegnato dal segnavia numero 821. In alcuni punti pero' la direzione non e' del tutto chiara.
Traccia GPS delle escursioni.
A: partenza a San Marco; B: lavatoio; Z: arrivo a Valcava
In rosso la prima escursione, in verde la seconda. In azzurro le scorciatoie sui sentieri praticate al ritorno della terza escursione. In giallo l'involontaria deviazione (le tracce gialla e azzurra non sono registrate dal GPS ma ricostruite sulla mappa)
Per raggiungere il paesino di Valcava in cima alla montagna, si può procedere sulla strada asfaltata, ma questa via non è bellissima durante gli weekend di bel tempo, perché è invasa da orde di milanesi in cerca di paesaggi bucolici.
Ci sono però molte alternative per raggiungere quella destinazione su sentieri escursionistici, tagliando i tornanti della strada o superandoli su percorsi più scostati.
La prima volta che ci abbiamo provato (17 agosto), sia noi sia i cani un po' fuori forma, a metà strada abbiamo deciso di ritornare, stanchi per la mancanza di esercizio e per il caldo torrido di quel giorno. Abbiamo camminato sulla strada asfaltata, ed è stato piuttosto facile, ma un po' faticoso nell'ultimo chilometro dove la salita è davvero ripida (18%).
Dopo un paio di settimane (5 settembre), di ritorno dalle vacanze, abbiamo tentato la seconda parte, parcheggiando l'auto esattamente alla fine dell'escursione precedente. Questa volta, cercando di evitare la strada asfaltata, abbiamo subito trovato un bel sentiero segnato. Questa parte è risultata molto più interessante, attraverso campi e boschi, con alcune vedute impossibili da cogliere dall'auto. Ad un certo punto ci siamo imbattuti in un incrocio di diversi sentieri dove c'è un lavatoio in pietra alimentato da acqua sorgiva, ancora in uso.
Questa volta abbiamo raggiunto Valcava, la meta, senza utilizzare la strada asfaltata.
Domenica scorsa (13 settembre) abbiamo tentato l'intera escursione. Per salire abbiamo camminato esattamente sulla stessa via delle precedenti escursioni. Per ritornare abbiamo cercato di rimanere sui sentieri. La parte centrale, davvero ripida sulla strada, è ancora peggio sul sentiero, e questa, in effetti, è la sola parte un po' dura di tutta l'escursione.
Sfortunatamente durante la discesa la batteria del mio GPS è morta. Proprio quando ne avevamo bisogno, infatti ad un bivio abbiamo preso la direzione sbagliata. La deviazione è stata di un paio di chilometri, fortunatamente abbastanza in piano.
Il sentiero che abbiamo percorso e' contrassegnato dal segnavia numero 821. In alcuni punti pero' la direzione non e' del tutto chiara.
Prima escursione
Andata:
Tempo: 1:03
Distanza: 3.95km
Dislivello: 285m (302m in salita e 17m in discesa)
Altitudine: tra 681m e 1008m
Ritorno (sullo stesso percorso)
Tempo: 1:01
Seconda escursione
Andata:
Tempo: 0:52
Distanza: 2.73km
Dislivello: 256m (266m in salita 10m in discesa)
Altitudine: tra 1000m e 1266m
Ritorno (sullo stesso percorso)
Tempo: 0:42
Terza escursione
Andata:
Tempo: 1:59
Distanza: 7.14km
Dislivello: 585m (612m in salita e 27m [89'] in discesa)
Altitudine: tra 681m e 1266m
Ritorno (sul percorso alternativo, all'incirca con la stessa distanza e
altitudine)
Tempo: 2:00
Andata:
Seconda escursione
Andata:
Terza escursione
Andata:
A: partenza a San Marco; B: lavatoio; Z: arrivo a Valcava
In rosso la prima escursione, in verde la seconda. In azzurro le scorciatoie sui sentieri praticate al ritorno della terza escursione. In giallo l'involontaria deviazione (le tracce gialla e azzurra non sono registrate dal GPS ma ricostruite sulla mappa)
Statistiche cumulative dall'inizio di quest'anno:
Tempo totale: 26:33
Distanza: 101.29km
Dislivello: 5522m
Altitudine minima: 343m
Altitudine massima: 1550m
Etichette:
Escursionismo
venerdì 11 settembre 2009
Perché votare Ignazio Marino alle primarie del Partito Democratico
Mi ritengo di Sinistra da quando ho l'età della ragione, ma sono molto
critico nei confronti del Partito
Democratico sin dalla sua fondazione.
La mia avversità al PD sta nelle sue radici. I suoi Padri Fondatori,
tramite il "Corro da Solo" di Veltroni, sono riusciti a costruire un grande
partito facendo man bassa dei voti di Sinistra. L'hanno fatto cavalcando un
sistema elettorale da tutti riconosciuto profondamente ingiusto (tanto che il
suo stesso inventore, Roberto Calderoli, l'ha definito "Porcellum"). Ed hanno
approfittato del "voto utile", cioè della consapevolezza degli elettori
di Sinistra della necessità di arginare la deriva fascista verso cui il
paese già stava navigando a vele spiegate. L'elettore di Sinistra ha
preferito quindi far confluire la forza del proprio voto nel PD piuttosto che
disperderlo in un partito minore, cosa che, grazie al perverso Porcellum,
avrebbe finito per favorire Berlusoconi e i suoi camerati.
Volendo ben guardare, per il PD, utilizzare questo meccanismo perverso non sarebbe nemmeno una cosa poi così scandalosa, se, oltre che approfittare dei voti di quegli elettori, si fosse anche fatto carico di rappresentare i loro valori.
E invece no. Il PD non si è mai preso la responsabilità di dare una nuova voce ai valori della Sinistra. Ai più, come me, è sembrata piuttosto un ricettacolo di poltrone che consentissero un soffice appoggio ai grassi sederi di coloro che erano già ben comodi nei partiti da cui il PD si era originato. Il PD non ha mai preso posizione, proprio quando il Paese ne aveva più bisogno, ed ha temporeggiato fino ai giorni nostri nella colpevole incapacità di dare una qualunque alternativa al fascismo Berlusconiano.
È quindi evidente a tutti che la vecchia leadership non rappresenta più la Sinistra, e proprio per questo, anche senza tenere conto del ragionevole sospetto di collusione col "nemico", dovrebbe togliersi di mezzo e lasciare il posto a nuove proposte. Evidentemente per quei vecchi leader è più importante conservare il culo al caldo sul loro soffice trono, che agire per il bene degli Italiani.
Nella tanto ammirata Democrazia Americana, del resto, fanno proprio così: rispettosi saluti a chi perde. Personalmente, mi piaceva tantissimo Al Gore. Che, tra l'altro, perse per una manciata di voti in elezioni il cui esito rimase piuttosto sospetto. Ma se non si fosse fatto da parte, l'America non avrebbe mai avuto Obama - e dubito che Gore, al suo posto, sarebbe stato in grado di battere McCain correndo da perdente!
Lungi da me paragonare Ignazio Marino, candidato alla segreteria del PD, a Barack Obama. Ma è chiaro che mentre Franceschini e Bersani hanno già evidentemente perso contro Berlusconi, cosa che lascia presagire che ancora lo faranno alle prossime politiche, Marino rappresenta il Nuovo Corso. E questa considerazione è valida senza nemmeno dare un occhio al suo programma.
Leggendolo, poi, si rimane stupiti per la forza delle sue prese di posizione: una novità assoluta nel contesto del PD. Ancor prima di valutarne i contenuti, che, per altro, trovo ragionevoli e condivisibili per chiungue si ritenga "di Sinistra".
Infatti, gli organi di informazione italiani, totalmente controllati a Berlusconi, pubblicizzano le primarie del PD come un duello tra Franceschini e Bersani, senza lasciare alcuno spazio mediatico a Marino. Evidentemente perché a Berlusconi fa più comodo comodo un avversario che accetti di non contraddirlo mai in cambio di una convivenza pacifica nel teatrino dei burattini.
Insomma, mi pare che i Democratici convinti dovrebbero sostenere Marino, auspicando che, una volta vinte le primarie, riesca a sconfiggere Berlusconi alle politiche, là dove gli altri della dirigenza del PD hanno sempre fallito in passato. Né hanno preso alcun provvedimento per cercare di non fallire di nuovo.
Quelli che invece come me confluiscono nel PD come "voto utile" dovrebbero preferire Marino nella speranza che vengano finalmente a crearsi le condizioni per conciliare i valori di tutta la Sinistra in un'unica forza politica, in grado quindi di rappresentarli. E anche qui la vecchia leadership ha fallito.
Direi che Marino come segretario del PD dovrebbe piacere anche ai simpatizzanti dell'Italia dei Valori. Questo partito infatti difficilmente può aspirare a governare da solo o a trovarsi alleati diversi dal PD. È certamente meglio quindi rapportarsi ad una forza che abbia obiettivi chiari piuttosto che all'accozzaglia di interessi di chi finisce per fare il portaborse di Berlusconi.
Evidentemente la dirigenza del centro-destra ha come interesse una opposizione "asservita" come quella di Franceschini o Bersani, ché la debolezza dell'opposizione va di pari passo con la forza della maggioranza.
Ma, se fossi un elettore di centro-destra, credo che preferirei una opposizione minoritaria ma efficiente, che tenda a fare il bene dei cittadini, anche se con metodi diversi. E che quindi incalzi il centro-destra a fare sempre il meglio per gli Italiani (del resto è proprio questo il compito dell'opposizione, no?).
Insomma, dovrebbe essere interesse di qualunque elettore avere oppositori leali e onesti, no?
Alla fine credo che Marino come guida del nuovo PD sia un bene per tutti gli Italiani, esclusi i politicanti e i corrotti di vario genere.
Il mio contributo a che ciò avvenga sarà di votarlo alle primarie il 25 ottobre. Le elezioni sono aperte anche ai non iscritti, al costo di 2 euro come copertura per le spese.
Il meccanismo per l'elezione del Segretario, però, è piuttosto complicato. Ecco qui il regolamento.
Quel che ho capito è che il voto è consentito a qualunque cittadino italiano, comunitario o extracomunitario con permesso di soggiorno valido. Ma pare proprio che queste elezioni siano decisive solo se uno dei candidati supera il 50% dei voti, risultato che non è realistico auspicare per Marino. In caso contrario il segretario viene scelto tra i più votati tramite un voto a scrutinio segreto riservato all'Assemblea Nazionale. E quindi Marino perderà, nel qual caso credo che il PD dovrà rinunciare al mio voto.
Ma già una maggioranza relativa, o anche solo un buon successo di Marino potrebbe rappresentare un segnale di cambiamento e una indicazione della volontà dell'elettorato - che, questa volta, i soliti Dinosauri non potranno ignorare.
Alla fine, ritengo che il regime fascista e corrotto in cui l'Italia sta preoccupantemente precipitando sia innanzitutto una gravissima responsabilità della Sinistra, che non ha saputo né voluto offrire una alternativa presentabile. Credo che Ignazio Marino sia una occasione per rimediare.
La mia avversità al PD sta nelle sue radici. I suoi Padri Fondatori,

Volendo ben guardare, per il PD, utilizzare questo meccanismo perverso non sarebbe nemmeno una cosa poi così scandalosa, se, oltre che approfittare dei voti di quegli elettori, si fosse anche fatto carico di rappresentare i loro valori.
E invece no. Il PD non si è mai preso la responsabilità di dare una nuova voce ai valori della Sinistra. Ai più, come me, è sembrata piuttosto un ricettacolo di poltrone che consentissero un soffice appoggio ai grassi sederi di coloro che erano già ben comodi nei partiti da cui il PD si era originato. Il PD non ha mai preso posizione, proprio quando il Paese ne aveva più bisogno, ed ha temporeggiato fino ai giorni nostri nella colpevole incapacità di dare una qualunque alternativa al fascismo Berlusconiano.
È quindi evidente a tutti che la vecchia leadership non rappresenta più la Sinistra, e proprio per questo, anche senza tenere conto del ragionevole sospetto di collusione col "nemico", dovrebbe togliersi di mezzo e lasciare il posto a nuove proposte. Evidentemente per quei vecchi leader è più importante conservare il culo al caldo sul loro soffice trono, che agire per il bene degli Italiani.
Nella tanto ammirata Democrazia Americana, del resto, fanno proprio così: rispettosi saluti a chi perde. Personalmente, mi piaceva tantissimo Al Gore. Che, tra l'altro, perse per una manciata di voti in elezioni il cui esito rimase piuttosto sospetto. Ma se non si fosse fatto da parte, l'America non avrebbe mai avuto Obama - e dubito che Gore, al suo posto, sarebbe stato in grado di battere McCain correndo da perdente!
Lungi da me paragonare Ignazio Marino, candidato alla segreteria del PD, a Barack Obama. Ma è chiaro che mentre Franceschini e Bersani hanno già evidentemente perso contro Berlusconi, cosa che lascia presagire che ancora lo faranno alle prossime politiche, Marino rappresenta il Nuovo Corso. E questa considerazione è valida senza nemmeno dare un occhio al suo programma.
Leggendolo, poi, si rimane stupiti per la forza delle sue prese di posizione: una novità assoluta nel contesto del PD. Ancor prima di valutarne i contenuti, che, per altro, trovo ragionevoli e condivisibili per chiungue si ritenga "di Sinistra".
Infatti, gli organi di informazione italiani, totalmente controllati a Berlusconi, pubblicizzano le primarie del PD come un duello tra Franceschini e Bersani, senza lasciare alcuno spazio mediatico a Marino. Evidentemente perché a Berlusconi fa più comodo comodo un avversario che accetti di non contraddirlo mai in cambio di una convivenza pacifica nel teatrino dei burattini.
Insomma, mi pare che i Democratici convinti dovrebbero sostenere Marino, auspicando che, una volta vinte le primarie, riesca a sconfiggere Berlusconi alle politiche, là dove gli altri della dirigenza del PD hanno sempre fallito in passato. Né hanno preso alcun provvedimento per cercare di non fallire di nuovo.
Quelli che invece come me confluiscono nel PD come "voto utile" dovrebbero preferire Marino nella speranza che vengano finalmente a crearsi le condizioni per conciliare i valori di tutta la Sinistra in un'unica forza politica, in grado quindi di rappresentarli. E anche qui la vecchia leadership ha fallito.
Direi che Marino come segretario del PD dovrebbe piacere anche ai simpatizzanti dell'Italia dei Valori. Questo partito infatti difficilmente può aspirare a governare da solo o a trovarsi alleati diversi dal PD. È certamente meglio quindi rapportarsi ad una forza che abbia obiettivi chiari piuttosto che all'accozzaglia di interessi di chi finisce per fare il portaborse di Berlusconi.
Evidentemente la dirigenza del centro-destra ha come interesse una opposizione "asservita" come quella di Franceschini o Bersani, ché la debolezza dell'opposizione va di pari passo con la forza della maggioranza.
Ma, se fossi un elettore di centro-destra, credo che preferirei una opposizione minoritaria ma efficiente, che tenda a fare il bene dei cittadini, anche se con metodi diversi. E che quindi incalzi il centro-destra a fare sempre il meglio per gli Italiani (del resto è proprio questo il compito dell'opposizione, no?).
Insomma, dovrebbe essere interesse di qualunque elettore avere oppositori leali e onesti, no?
Alla fine credo che Marino come guida del nuovo PD sia un bene per tutti gli Italiani, esclusi i politicanti e i corrotti di vario genere.
Il mio contributo a che ciò avvenga sarà di votarlo alle primarie il 25 ottobre. Le elezioni sono aperte anche ai non iscritti, al costo di 2 euro come copertura per le spese.
Il meccanismo per l'elezione del Segretario, però, è piuttosto complicato. Ecco qui il regolamento.
Quel che ho capito è che il voto è consentito a qualunque cittadino italiano, comunitario o extracomunitario con permesso di soggiorno valido. Ma pare proprio che queste elezioni siano decisive solo se uno dei candidati supera il 50% dei voti, risultato che non è realistico auspicare per Marino. In caso contrario il segretario viene scelto tra i più votati tramite un voto a scrutinio segreto riservato all'Assemblea Nazionale. E quindi Marino perderà, nel qual caso credo che il PD dovrà rinunciare al mio voto.
Ma già una maggioranza relativa, o anche solo un buon successo di Marino potrebbe rappresentare un segnale di cambiamento e una indicazione della volontà dell'elettorato - che, questa volta, i soliti Dinosauri non potranno ignorare.
Alla fine, ritengo che il regime fascista e corrotto in cui l'Italia sta preoccupantemente precipitando sia innanzitutto una gravissima responsabilità della Sinistra, che non ha saputo né voluto offrire una alternativa presentabile. Credo che Ignazio Marino sia una occasione per rimediare.
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Politica
mercoledì 9 settembre 2009
Daniele Bonfanti: L'Eterno Sogno
Vedendolo così, di primo acchito, sembra un bel libro.
Minimalista, direi. Tutto nero, con una lieve irregolare sfumatura nella metà inferiore e, in grigio, solo il titolo "L'Eterno Sogno" in quella superiore, con un font semplice.
Sulla costa c'è di nuovo il titolo, con il nome dell'autore, Daniele Bonfanti oltre al logo della casa editrice Lulu.
Nella quarta di copertina stona un po' il riquadro bianco con il codice a barre, ma nel complesso non è male. Com'è consuetudine ci sono riportate delle brevi annotazioni che descrivono l'autore e il romanzo.
Queste annotazioni sembrano scritte direttamente dall'autore stesso e non si tratta, come avviene di solito, di citazioni da recensioni.
E con che autocelebrazione, poi!
La prima, posta in evidenza in corsivo, sembra una battuta nel contesto di un'intervista:
"Qualcuno dice che il fantasy è 'letteratura di serie B'... Credo che Omero si stia rivoltando nella tomba.".
Se con "fantasy" si intende un genere i cui personaggi sono elfi, nani e simili, a me pare di non aver mai sentito nessuno permettersi di definire... chessò... la trilogia di Tolkien "letteratura di serie B". Sarebbe come ridurre i Promessi Sposi a un romanzetto rosa, o la Divina Commedia all'omelia di Don Camillo.
Forse Bonfanti si riferisce ad alcuni detrattori di un filone letterario un po' più "leggero".
Non so se ha molto senso far ricadere in un unico calderone cose come L'Eterno Sogno, Il Signore degli Anelli, le favole dei fratelli Grimm, la saga di Shrek, i Puffi e l'Odissea. Certo, tutte queste opere raccontano di personaggi di fantasia (quindi sono Fantasy?!?), ma accomunarli mi pare giusto un po' pretenzioso.
Va be'... Non si vorrà mica giudicare un libro dalla quarta di copertina! Soprattutto dopo che la facciata e la costa sono uscite così bene dalla mia precedente analisi.
Uno dei "diritti del lettore" sanciti da Daniel Pennac ["Come un Romanzo" (1992)] parla della libertà di abbandonare la lettura di un libro in qualunque momento.
A me, però, non piace approfittare di questo diritto. Per la verità c'è qualche libro che ho smesso di leggere ben prima della fine. Per esempio "Così Parlò Zarathustra" di Nietzsche l'ho piantato lì alla prefazione, oppure di "Kant e l'Ornitorinco" di Eco non sono riuscito a superare il capitolo 1. Ma in questi casi, ed in altri simili, la ritirata l'ho battuta per ammissione di incapacità (o per riconosciuto eccesso di superbia al momento di intraprendere la lettura). I libri erano troppo difficili per me, e la loro comprensione avrebbe potuto richiedere più energie di quanto fossi in grado di spendere, nell'incertezza di riuscire nell'impresa.
Mai invece mi è capitato di lasciare un libro perché non l'apprezzassi.
Perché se la lettura mi appassiona, non c'è ragione di smettere. Se invece non mi piace, rimane la curiosità, o almeno la speranza che, continuando a leggere, più in là si faccia più interessante.
Questo è un libro che, leggendolo, non mi è piaciuto, ma per inerzia l'ho finito sperando di trovare qualcosa per cui ne valesse la pena.
Invano.
Il linguaggio è pesante, lo stile è noioso, addirittura il vocabolario è limitato e pedante. È sorprendente notare, ad esempio, l'uso massiccio e ingiustificato dei verbi "emergere" e "riemergere" (considerando anche che si finisce in acqua in un solo episodio di tre o quattro pagine!). Nel mondo di Daniele Bonfanti i personaggi emergono dall'erba, dal sonno, dalla battaglia, dalla caverna. Le orecchie degli elfi emergono dai loro capelli e la Luna emerge dalle montagne!
I personaggi sono descritti solo approssimativamente, e questo ce lo si porta fino alla fine del libro. Il drago protagonista, ad esempio, non sono riuscito ad immaginarmelo gran che diverso da Wally Gator di Hanna-Barbera. Che, davvero, in un contesto drammatico come quello del libro, risulta del tutto inconsistente. Specie quando flirta con la gattina tutta tenerezza dai begli occhioni verdi.
La storia poi! una serie di avventure scorrelate tra loro, assolutamente senza significato metaforico e inutili allo svolgimento della trama principale. Giusto per dare un po' di movimento alla narrazione.
Gli eroi del romanzo sono quattro draghi, due elfi, due kennin (una sorta di gatti), un nano, un lerlet (rettile bipede e cornuto) e un... mmmh... boh... un tipo incappucciato. Dopo aver percorso la Via seguendo il soffio del Vento dell'Ovest, trucidando in malo modo un manipolo di bogolidi e goblin, creature malvage e disgustose, arrivano quindi alla Città Grigia dove si alleano con altri bogolidi e goblin per combattere gli elfi e i nani che, a sorpresa, costituiscono l'armata dei cattivi. Parti invertite, dunque. Perché? Boh!
Il tutto si risolve con il duello finale tra il drago Xaas e il mago. Tra magie e sortilegi quest'ultimo non riesce a fronteggiare la forza bruta e muore nel modo più concreto: decapitato da un morso con un'ascia in petto. Chissà se almeno questa scelta non abbia una simbologia che io non riesco a cogliere!
Alla fine il drago riesce sì a richiudere la porta magica, da cui avrebbe potuto uscire l'elemento dell'acqua per inondare il mondo. Ma non riesce a distruggerla, come avrebbe dovuto. Il che lascia intuire la futura pubblicazione di una seconda parte della storia.
Aenasyan ce ne scampi!
Ecco qui un esempio tratto dal libro, dove Bonfanti ci onora della sua teologia da bar Sport.
Personaggi: l'elfo Aelorn; la kennin Aina; i draghi Dhrek, Xaas e Kab; il nano Ghrun.
Ma in questo caso, davvero, l'irritazione per aver sprecato del tempo prezioso è tale da indurmi a rivedere la mia personale interpretazione dei diritti del lettore. La speranza che il seguito diventi interessante non è una buona ragione per continuare a leggere.
Minimalista, direi. Tutto nero, con una lieve irregolare sfumatura nella metà inferiore e, in grigio, solo il titolo "L'Eterno Sogno" in quella superiore, con un font semplice.
Sulla costa c'è di nuovo il titolo, con il nome dell'autore, Daniele Bonfanti oltre al logo della casa editrice Lulu.
Nella quarta di copertina stona un po' il riquadro bianco con il codice a barre, ma nel complesso non è male. Com'è consuetudine ci sono riportate delle brevi annotazioni che descrivono l'autore e il romanzo.
Queste annotazioni sembrano scritte direttamente dall'autore stesso e non si tratta, come avviene di solito, di citazioni da recensioni.
E con che autocelebrazione, poi!
La prima, posta in evidenza in corsivo, sembra una battuta nel contesto di un'intervista:
"Qualcuno dice che il fantasy è 'letteratura di serie B'... Credo che Omero si stia rivoltando nella tomba.".
Se con "fantasy" si intende un genere i cui personaggi sono elfi, nani e simili, a me pare di non aver mai sentito nessuno permettersi di definire... chessò... la trilogia di Tolkien "letteratura di serie B". Sarebbe come ridurre i Promessi Sposi a un romanzetto rosa, o la Divina Commedia all'omelia di Don Camillo.
Forse Bonfanti si riferisce ad alcuni detrattori di un filone letterario un po' più "leggero".
Non so se ha molto senso far ricadere in un unico calderone cose come L'Eterno Sogno, Il Signore degli Anelli, le favole dei fratelli Grimm, la saga di Shrek, i Puffi e l'Odissea. Certo, tutte queste opere raccontano di personaggi di fantasia (quindi sono Fantasy?!?), ma accomunarli mi pare giusto un po' pretenzioso.
Va be'... Non si vorrà mica giudicare un libro dalla quarta di copertina! Soprattutto dopo che la facciata e la costa sono uscite così bene dalla mia precedente analisi.
Uno dei "diritti del lettore" sanciti da Daniel Pennac ["Come un Romanzo" (1992)] parla della libertà di abbandonare la lettura di un libro in qualunque momento.
A me, però, non piace approfittare di questo diritto. Per la verità c'è qualche libro che ho smesso di leggere ben prima della fine. Per esempio "Così Parlò Zarathustra" di Nietzsche l'ho piantato lì alla prefazione, oppure di "Kant e l'Ornitorinco" di Eco non sono riuscito a superare il capitolo 1. Ma in questi casi, ed in altri simili, la ritirata l'ho battuta per ammissione di incapacità (o per riconosciuto eccesso di superbia al momento di intraprendere la lettura). I libri erano troppo difficili per me, e la loro comprensione avrebbe potuto richiedere più energie di quanto fossi in grado di spendere, nell'incertezza di riuscire nell'impresa.
Mai invece mi è capitato di lasciare un libro perché non l'apprezzassi.
Perché se la lettura mi appassiona, non c'è ragione di smettere. Se invece non mi piace, rimane la curiosità, o almeno la speranza che, continuando a leggere, più in là si faccia più interessante.
Questo è un libro che, leggendolo, non mi è piaciuto, ma per inerzia l'ho finito sperando di trovare qualcosa per cui ne valesse la pena.
Invano.
Il linguaggio è pesante, lo stile è noioso, addirittura il vocabolario è limitato e pedante. È sorprendente notare, ad esempio, l'uso massiccio e ingiustificato dei verbi "emergere" e "riemergere" (considerando anche che si finisce in acqua in un solo episodio di tre o quattro pagine!). Nel mondo di Daniele Bonfanti i personaggi emergono dall'erba, dal sonno, dalla battaglia, dalla caverna. Le orecchie degli elfi emergono dai loro capelli e la Luna emerge dalle montagne!
I personaggi sono descritti solo approssimativamente, e questo ce lo si porta fino alla fine del libro. Il drago protagonista, ad esempio, non sono riuscito ad immaginarmelo gran che diverso da Wally Gator di Hanna-Barbera. Che, davvero, in un contesto drammatico come quello del libro, risulta del tutto inconsistente. Specie quando flirta con la gattina tutta tenerezza dai begli occhioni verdi.
La storia poi! una serie di avventure scorrelate tra loro, assolutamente senza significato metaforico e inutili allo svolgimento della trama principale. Giusto per dare un po' di movimento alla narrazione.
Gli eroi del romanzo sono quattro draghi, due elfi, due kennin (una sorta di gatti), un nano, un lerlet (rettile bipede e cornuto) e un... mmmh... boh... un tipo incappucciato. Dopo aver percorso la Via seguendo il soffio del Vento dell'Ovest, trucidando in malo modo un manipolo di bogolidi e goblin, creature malvage e disgustose, arrivano quindi alla Città Grigia dove si alleano con altri bogolidi e goblin per combattere gli elfi e i nani che, a sorpresa, costituiscono l'armata dei cattivi. Parti invertite, dunque. Perché? Boh!
Il tutto si risolve con il duello finale tra il drago Xaas e il mago. Tra magie e sortilegi quest'ultimo non riesce a fronteggiare la forza bruta e muore nel modo più concreto: decapitato da un morso con un'ascia in petto. Chissà se almeno questa scelta non abbia una simbologia che io non riesco a cogliere!
Alla fine il drago riesce sì a richiudere la porta magica, da cui avrebbe potuto uscire l'elemento dell'acqua per inondare il mondo. Ma non riesce a distruggerla, come avrebbe dovuto. Il che lascia intuire la futura pubblicazione di una seconda parte della storia.
Aenasyan ce ne scampi!
Ecco qui un esempio tratto dal libro, dove Bonfanti ci onora della sua teologia da bar Sport.
Personaggi: l'elfo Aelorn; la kennin Aina; i draghi Dhrek, Xaas e Kab; il nano Ghrun.
(...)
Aelorn chiese a Aina: "Ma come un solo dio? Io credo che quello che tu chiami Leone di Fiamma potrebbe essere il vostro Spirito Guida. Ma non può essere che esista soltanto il vostro, è assurdo."
Aina sorrise. "Forse quello che tu chiami Aenasyan e quello che io chiamo Leone di Fiamma sono la stessa cosa, che si mostra con volti diversi."
Aelorn rifletté. "Potrebbe essere come dici. Ma gli altri Spiriti? Ce ne sono centinaia, quanti sono i fiumi e le montagne e le foreste."
Aina scosse la testa. "Noi crediamo che soltanto il dio Sole sia il creatore, e che abbia schiere di demoni a proteggere la sua creazione."
Aelorn annuì, ragionando febbrilmente. "Forse questi 'demoni' sono gli Spiriti..."
Dherk chiese, visibilmente incuriosito, rivolto a Aina: "Da quanto dici, questo 'Leone di Fiamma' può fare quello che gli pare. È così?"
"Tutto ciò che vuole, e cioè ciò che è bene e ciò che è giusto."
Xaas scosse la testa. "E perché non lo fa?"
"Cosa intendi?"
"Ti sembra 'bene' tutto questo?"
"Forse vuole metterci alla prova."
"Complimenti. Bel dio buono. Si diverte a metterci alla prova e per farlo ha proprio bisogno di far morire Kab e Ghrun. Per vedere cosa?"
"Chi può dirlo... Lui è talmente grande che il suo volere per noi è incomprensibile, a volte..."
"E allora, se non lo capisci, come fai a dire che è buono, giusto, e tutte quelle cose?"
Aina non ebbe esitazioni. "Per fede."
"Fede? Uno la fiducia dovrebbe meritarsela. Non do fiducia a uno che fa morire i miei amici per mettermi alla prova. Comunque il tuo ragionamento non ha senso. Dici che questo dio vuole il bene. Ma il bene di chi?"
"Di tutti."
"Ma non ha nessun senso. Ciò che è bene per me sarà il male per un altro. Per noi è bene uccidere il mago, ma certamente lui non è d'accordo. Non trovi?"
"Ma c'è un bene assoluto. E un giusto assoluto."
"E chi le stabilirebbe queste belle cose?"
"Il dio Sole, naturalmente"
"Naturalmente. Allora che le stabilisca per sè. Io preferisco scegliere da solo, senza che mi dicano cosa devo fare, e cosa non devo fare."
(...)
Per essere sinceri, a me non piace molto parlare male delle cose che non mi
piacciono. Preferisco parlare bene di quelle che mi piacciono.Aelorn chiese a Aina: "Ma come un solo dio? Io credo che quello che tu chiami Leone di Fiamma potrebbe essere il vostro Spirito Guida. Ma non può essere che esista soltanto il vostro, è assurdo."
Aina sorrise. "Forse quello che tu chiami Aenasyan e quello che io chiamo Leone di Fiamma sono la stessa cosa, che si mostra con volti diversi."
Aelorn rifletté. "Potrebbe essere come dici. Ma gli altri Spiriti? Ce ne sono centinaia, quanti sono i fiumi e le montagne e le foreste."
Aina scosse la testa. "Noi crediamo che soltanto il dio Sole sia il creatore, e che abbia schiere di demoni a proteggere la sua creazione."
Aelorn annuì, ragionando febbrilmente. "Forse questi 'demoni' sono gli Spiriti..."
Dherk chiese, visibilmente incuriosito, rivolto a Aina: "Da quanto dici, questo 'Leone di Fiamma' può fare quello che gli pare. È così?"
"Tutto ciò che vuole, e cioè ciò che è bene e ciò che è giusto."
Xaas scosse la testa. "E perché non lo fa?"
"Cosa intendi?"
"Ti sembra 'bene' tutto questo?"
"Forse vuole metterci alla prova."
"Complimenti. Bel dio buono. Si diverte a metterci alla prova e per farlo ha proprio bisogno di far morire Kab e Ghrun. Per vedere cosa?"
"Chi può dirlo... Lui è talmente grande che il suo volere per noi è incomprensibile, a volte..."
"E allora, se non lo capisci, come fai a dire che è buono, giusto, e tutte quelle cose?"
Aina non ebbe esitazioni. "Per fede."
"Fede? Uno la fiducia dovrebbe meritarsela. Non do fiducia a uno che fa morire i miei amici per mettermi alla prova. Comunque il tuo ragionamento non ha senso. Dici che questo dio vuole il bene. Ma il bene di chi?"
"Di tutti."
"Ma non ha nessun senso. Ciò che è bene per me sarà il male per un altro. Per noi è bene uccidere il mago, ma certamente lui non è d'accordo. Non trovi?"
"Ma c'è un bene assoluto. E un giusto assoluto."
"E chi le stabilirebbe queste belle cose?"
"Il dio Sole, naturalmente"
"Naturalmente. Allora che le stabilisca per sè. Io preferisco scegliere da solo, senza che mi dicano cosa devo fare, e cosa non devo fare."
(...)
Ma in questo caso, davvero, l'irritazione per aver sprecato del tempo prezioso è tale da indurmi a rivedere la mia personale interpretazione dei diritti del lettore. La speranza che il seguito diventi interessante non è una buona ragione per continuare a leggere.
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Libro
lunedì 7 settembre 2009
La Clusaz
La Via Francigena è un itinerario segnato dai pellegrini di mezza Europa
nell'eroica impresa di raggiungere Roma fin dalla lontana Canterbury in
Inghilterra.
Dopo l'attraversamento della Francia, per superare le Alpi, il percorso si biforca. Una variante raggiunge l'attuale Piemonte, precisamente in Val Susa, superando il passo di Montgenèvre. La strada maestra invece, passando per la Svizzera, raggiunge la Valle d'Aosta valicando il passo del Gran San Bernardo. Da qui, dopo essere scesa più a valle, risale a costeggiare la Statale, procedendo verso Aosta.
La Via Francigena è raggiungibile parcheggiando l'auto sulla Statale.
Noi ci siamo arrivati da un sentiero che parte dal parcheggio del ristorante La Clusaz, nella omonima frazione di Gignod. Dopo una breve salita si raggiunge la Via. Un canaletto costeggia e rinfresca tutta l'escursione. Si cammina in piano e senza alcuna difficoltà, parallelamente alla Statale. Ad un certo punto si attraversa una strada asfaltata proprio su un tornante. Da qui il sentiero si scosta un poco dal percorso della Statale e si inoltra nella campagna, tra macchie e campi coltivati. Si raggiunge quindi un ponte su un ruscello accanto ad un pilone votivo. Riavvicinandosi alla statale si incontra un'altra strada asfaltata. Qui abbiamo deciso di fare ritorno, anche per non affaticare troppo Maddie alla sua prima escursione dall'operazione al legamento crociato.
Il percorso è decisamente facilissimo e percorrerlo dà un senso di pace, nel bosco verdeggiante accanto al ruscelletto.
Traccia GPS dell'escursione.
A: partenza; B: ponticello e pilone votivo; Z: arrivo
Dopo l'attraversamento della Francia, per superare le Alpi, il percorso si biforca. Una variante raggiunge l'attuale Piemonte, precisamente in Val Susa, superando il passo di Montgenèvre. La strada maestra invece, passando per la Svizzera, raggiunge la Valle d'Aosta valicando il passo del Gran San Bernardo. Da qui, dopo essere scesa più a valle, risale a costeggiare la Statale, procedendo verso Aosta.
La Via Francigena è raggiungibile parcheggiando l'auto sulla Statale.
Noi ci siamo arrivati da un sentiero che parte dal parcheggio del ristorante La Clusaz, nella omonima frazione di Gignod. Dopo una breve salita si raggiunge la Via. Un canaletto costeggia e rinfresca tutta l'escursione. Si cammina in piano e senza alcuna difficoltà, parallelamente alla Statale. Ad un certo punto si attraversa una strada asfaltata proprio su un tornante. Da qui il sentiero si scosta un poco dal percorso della Statale e si inoltra nella campagna, tra macchie e campi coltivati. Si raggiunge quindi un ponte su un ruscello accanto ad un pilone votivo. Riavvicinandosi alla statale si incontra un'altra strada asfaltata. Qui abbiamo deciso di fare ritorno, anche per non affaticare troppo Maddie alla sua prima escursione dall'operazione al legamento crociato.
Il percorso è decisamente facilissimo e percorrerlo dà un senso di pace, nel bosco verdeggiante accanto al ruscelletto.
Andata:
Tempo: 1:16
Distanza: 7.63km
Dislivello: 28m (335m in salita e 307m in discesa)
Altitudine: tra 1184 e 1301
Ritorno (sullo stesso percorso)
Tempo: 1:09
A: partenza; B: ponticello e pilone votivo; Z: arrivo
Statistiche cumulative dall'inizio dell'anno:
Tempo totale: 18:56
Distanza: 73.65km
Dislivello: 4288m
Altitudine minima: 343m
Altitudine massima: 1550m
Etichette:
Escursionismo,
Valle d'Aosta
mercoledì 2 settembre 2009
Teresa Sarti
Teresa Sarti ci ha lasciato.
Era nella top ten di una classifica che volevo stilare su questo blog.
Una classifica di eroi silenziosi, il cui passaggio nel mondo scava una traccia nella terra, profonda anche se appena sussurrata nel chiasso generale di quel circo che è la nostra società.
L'eco pacata della sua vita non morirà mai.
Teresa Sarti è ancora nella top ten della mia classifica.
Teresa ha fondato nel 1994, insieme al marito Gino Strada, l'associazione Emergency, e da allora ne è presidente.
Era nella top ten di una classifica che volevo stilare su questo blog.
Una classifica di eroi silenziosi, il cui passaggio nel mondo scava una traccia nella terra, profonda anche se appena sussurrata nel chiasso generale di quel circo che è la nostra società.
L'eco pacata della sua vita non morirà mai.
Teresa Sarti è ancora nella top ten della mia classifica.
Teresa ha fondato nel 1994, insieme al marito Gino Strada, l'associazione Emergency, e da allora ne è presidente.
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