giovedì 8 aprile 2010

Il valore del voto

La democrazia si realizza attraverso il diritto di voto.

La maggioranza che esce dalle urne dovrebbe essere quella che finisce per governare. Già questo principio è discutibile, perché non è detto che il volere della maggioranza equivalga al bene comune della Nazione. Non voglio certo addentrarmi in disquisizioni sull'assoluto. Mi limito semplicemente a constatare che la somma del bene individuale degli elettori appartenenti alla maggioranza non necessariamente equivale al bene collettivo di quella maggioranza. Tanto meno a quello dell'intera popolazione.
In ogni caso mi pare che la possibilità di esprimere il bene comune sulla scheda elettorale sia fortemente condizionata dal meccanismo con cui si svolgono le elezioni e dalle modalità con cui i risultati influenzano il rapporto di forze tra i poteri di governo.
In una Repubblica parlamentare mi pare che il metodo per rappresentare meglio le opinioni degli elettori sia quello proporzionale: quanti più elettori la pensano in un certo modo, tanti più eletti si accollano l'onere di dare voce e peso politico a quell'opinione. La forza di una idea è proporzionale al numero di rappresentanti eletti, che è proporzionale al numero di elettori che li hanno votati.

È evidente che questo meccanismo, anche se esprime meglio la volontà degli elettori, è tuttavia poco efficiente, perché porta in Parlamento una molteplicità di pareri discordanti da mediare volta per volta, rendendo difficile il compito di governare.
E allora si è introdotto lo sbarramento. Mica tanto giusto, secondo me. Questo arteficio propone di escludere da ogni accesso al potere politico l'opinione di una minoranza semplicemente perché si tratta di una minoranza esigua. Insomma: voi siete quattro gatti? E allora statevene zitti! Esattamente il contrario della democrazia, che dovrebbe proprio prendere le parti delle minoranze. E va be'. Se questo è il prezzo da pagare per la governabilità, paghiamolo.

Ma non basta. Si cercano altri artefici per ridurre il numero di partiti, e quindi la pluralità dell'espressione dei cittadini.
Io credo che ciò che si vuole evitare è che nelle camere ci sia continuo scontro tra forze che rappresentano correnti simili, perché le energie e i tempi si disperdono in disquisizioni relativamente poco importanti invece di focalizzarsi sui veri temi. In modo funzionale, anche se secondo me poco logico, si vuole che si creino convergenze di opinioni tra i partiti prima ancora che entrino in Parlamento.
A questo scopo si è inventato il bipolarismo, mediante il quale le alleanze tra forze politiche omogenee vengono determinate prima delle elezioni, sulla base di programmi condivisi. Questo porta come vantaggio che le mediazioni tra le varie anime di uno schieramento vengano risolte e dichiarate prima che l'elettore sia chiamato a votare. E quindi il valore del voto non sarà rivolto al Partito politico specifico del rappresentante che vuole eleggere, ma allo schieramento a cui quel partito dichiara di appartenere: il rappresentante dovrebbe lavorare per realizzare il programma condiviso. Un altro vantaggio è che si riduce la possibilità che si formino delle alleanze tra Partiti eterogenei che complottino per sfruttare artificiosi giochi di forza. Questo ovviamente può ancora avvenire, ed è esattamente questa la causa scatenante della caduta dell'ultimo governo Prodi, ma quell'episodio è figlio della totale irresponsabilità degli attori in questione: Veltroni e Mastella, che per differenti ragioni hanno ritenuto opportuno riconsegnare la Nazione al Grande Farabutto.
Il bipolarismo però, anche in un contesto di onestà, secondo me ha uno svantaggio intrinseco. Se le alleanze sono state determinate a priori con programmi condivisi tra le varie forze, è evidente che la coalizione vincente dovrebbe comunque lavorare per ottenere i punti di quel programma, indipendentemente da quanti voti ottengono le forze politiche specifiche che li propongono. Se nel programma di una coalizione viene incluso un punto proposto da un certo partito, con il fine di ottenere i voti di cui quel partito e' ricettacolo, quando la coalizione dovesse vincere l'elettorato si aspetterebbe che la coalizione cercasse di ottenere anche quel punto, indipendentemente dalla quantità di voti effettivamente ottenuti da quel partito.
Quindi si riduce il potere dell'elettore di appoggiare o bocciare quel punto.
La coalizione, e quindi il programma, sono determinati dagli equilibri di potere che non provengono dal consenso popolare (come potrebbe, visto che sono stabilite prima delle elezioni?).

Questo sistema sfocia naturalmente nel bipartitismo. Se è indifferente votare per una forza piuttosto che un'altra, a patto che siano alleate in una coalizione, allora perché non votare più semplicemente per la coalizione stessa, senza specificare per quale Partito? Perché distinguere tra diversi Partiti se tutti sono coalizzati alla realizzazione dello stesso programma?
Già. Ma se l'esigenza è quella di avere solo due partiti per cui votare, come si può eliminare tutti gli altri che gli rompono solo le scatole? Come riempire il Parlamento di deputati e senatori appartenenti a quei soli partiti?
La strada intrapresa dalla destra è la fusione delle forze maggiori, quella intrapresa dalla sinistra invece è la chiamata al voto utile.
Adottando l'unico solo valore proponibile comune a tutte le sinistre (l'antiberlusconismo), il PD si è guadagnato i voti di tutti gli elettori di sinistra (tranne i duri e puri che non hanno voluto sottomettersi a questo magnifico sfoggio di democrazia, consegnando di volta in volta sempre più il Paese al Grande Farabutto).
Praticamente il PD un obiettivo si è riproposto (anche se c'è il sospetto che, per mantenere una posizione di potere, seppure di minoranza, abbia fatto di tutto per non realizzarlo): sconfiggere Berlusconi. Obiettivo sacrosanto, dal mio punto di vista. Sufficiente a meritarsi il mio voto. Ma non sufficiente per governare una Nazione.

Perché poi, credo sia chiaro un po' a tutti, compresi addirittura i miopi vertici del PD, la Nazione avrebbe anche urgenza di risolvere i problemi quotidiani, e non solo di sconfiggere Berlusconi. Dagli obiettivi più semplici come gli scarafaggi sui treni dei pendolari, a quelli più complessi, come le centrali nucleari. La crisi economica, la disoccupazione, gli ammortizzatori sociali, l'emergenza del terremoto in Abruzzo, delle frane in Calabria, i servizi pubblici, la TAV in Val di Susa, il ponte sullo stretto di Messina, il conflitto di interessi, il testamento biologico, l'immigrazione, i nomadi, la sicurezza, il federalismo...
Il PD può contare sul mio voto qualunque siano le sue posizioni su questi temi, perché il mio voto è e sarà sempre contro Berlusconi.
Ma mi chiedo se sia serio sostenere un Partito così, perché se per caso dovesse vincere (ed io ci spero ancora... sono solo un illuso?), poi, dovrà anche governare.
E se io che lo voto trovo che sia poco serio, non è difficile immaginare cosa possano pensare quelli invece che non lo fanno.
Credo che sia una questione di chiarezza e coerenza.

Prendiamo ad esempio al caso del Piemonte. Nelle regionali gli "antiberlusconiani" hanno chiamato a votare per Mercedes Bresso del PD. Bene. Io, ad esempio, se avessi votato in Piemonte, il mio voto l'avrei dato a lei. Perché era l'unica forza che sembrava essere in grado di sconfiggere Berlusconi e Lega. Sfortunatamente ha perso, dimostrando che l'apparenza inganna. Certo se i traditori grillini avessero votato per lei avrebbe vinto. Certo se i duri e puri radicali di sinistra avessero votato per lei avrebbe vinto. Certo se gli astensionisti qualunquisti avessero votato per lei, avrebbe vinto. E il Piemonte non avrebbe dovuto sucarsi quel fascistoide leghista di Cota. I miei blog-amici fedelissimi al PD ribatterebbero che coi "se" e coi "ma" non si fa politica, ma tant'è.
Ci sono due modi di vedere la questione. Il primo punta il dito contro i duri e puri che non vogliono accettare il compromesso di votare Bresso. Mi pare invece più ragionevole il secondo, che invece punta il dito contro Bresso che non ha saputo mantenersi i voti che le consentirono di salire al trono nel 2005.
Credo che aver consegnato la regione (il Paese) alla destra sia tristissimo, e soprattutto temo per la costituzione, baluardo difensore della democrazia, messa in discussione dallo strapotere del Grande Farabutto.
Ma credo anche che sia una buona idea, intanto che il ferro è caldo, chiedersi come mai il PD non riesca a sfondare, e anzi perda punti, questa volta alle regioni, ma più in generale, a livello nazionale, quando il Grande Farabutto è stato ormai smascherato, nonostante la campagna mediatica. Quelli che lo votano, le poche volte che mi azzardo a discuterci, hanno sempre la solita validissima argomentazione, che l'alternativa non è meglio.

Ho partecipato ad alcune interessanti discussioni sul blog del Russo qui, qui, qui e qui
Io, per esempio, sono con i no-TAV della val di Susa. Bresso invece è a favore della TAV. A me pare lampante che i piemontesi contrari alla TAV non avrebbero dovuto votare per Bresso. E se non l'hanno votata è perché sono contrari alla TAV, e quindi contrari a chi è a favore della TAV. Mica perché gli piace Cota. Mica perché hanno deciso di fare i duri e puri a oltranza. Insomma. Quelli vogliono far passare un treno ad alta velocità davanti a casa loro, e loro non lo vogliono. Quindi non votano per Bresso. Mi pare che fila dritto come un treno ad alta velocità.
Si potrebbe replicare (magari senza dare degli idioti a chi non la pensa così) che in questo modo si è consegnata la Regione a Cota, certo.
Ma allora, mi chiedo io, dove è finito il diritto di voto? Se per sostenere i no-TAV l'elettore piemontese deve votare per qualcuno che è a favore della TAV e che ha governato per cinque anni in questo senso, allora, che cavolo di significato ha il suo voto?
Nelle discussioni del Russo c'è chi propone come soluzione il voto disgiunto. Cioè votare Bresso e i suoi consiglieri regionali, ma poi dare supporto "spirituale" alle forze alternative e perdenti in partenza, unico fragile e insignificante baluardo contro la TAV. Ma questo non significa forse chiedere a Bresso di governare salvo farle sapere che non si approva il suo programma? Voto qualcuno e poi, se vince, spero che non realizzi il suo programma. E perché dovrei fare una cosa così?

In Lombardia è andata malissimo. Come prevedibile Formigoni (PdL-Lega) ha stravinto. Oltre a Penati del PD, gli antagonisti erano Pezzotta (UdC) e Agnoletto (Rifondazione), il tipo del Movimento 5 Stelle e quello di Forza Nuova (questi ultimi tre, messi insieme, non hanno raggiunto il 5% dei voti).
La sensazione era che il PD e i suoi alleati, ancora prima del voto, puntassero su un cavallo perdente, ché tanto era inutile sprecarsi troppo. La battaglia era persa in partenza. Ebbene, io ho votato Penati. E ho votato PD. Sul blog del Russo mi hanno anche implicitamente dato del fesso per questo, perché il voto utile è utile solo quando indirizzato a qualcuno che ha una qualche possibilità di vincere, ed era palese che Penati non avrebbe vinto. Bisognava votare Agnoletto (che, tra l'altro, era il candidato che anche a me piaceva di più). Insomma, il ragionamento sostanzialmente era: la Lombardia ormai la diamo in pasto ai porci, perché riprendersela è impossibile. Peccato che in quella Lombardia in pasto ai porci ci sono io. Ora, che i miei blog-amici siano tanto ottusi da vederla così, offuscati dalla rabbia della recente sconfitta, passi. Ma che il PD punti dolosamente su un cavallo perdente, dichiarandolo pubblicamente tramite uno dei suoi leader (Fassino) sull'unico telegiornale che valga la pena di essere ascoltato (quello di La7), questo non solo è umiliante, ma anche inaccettabile.
Un Partito serio avrebbe corso per vincere. Anche sapendo di perdere, perché a quel punto io sarei stato fiero di votare la sinistra. Non mi sarei vergognato e avrei potuto argomentare che quel candidato sarebbe stato meglio di Formigoni. E magari la prossima volta sarei stato contento di votare ancora per quella alternativa. E magari non solo io, ma anche qualcuno che a questo giro ha votato... non dico Formigoni, ma almeno Agnoletto, Grillo o addirittura... perché no? Pezzotta. Fosse andata così questa volta, la Lombardia sarebbe stata governata dalla Sinistra. Per carità, non certo con un cavallo perdente come l'impresentabile Penati, ma con qualcuno che si fosse potuto meritare il mio, il nostro voto.
In queste condizioni richiamare al voto utile in Lombardia è cosa totalmente irrazionale. Se diligentemente tutti quelli che hanno votato Rifondazione, 5 Stelle e UdC avessero votato per Penati, Penati avrebbe vinto, già. Ma a che scopo? Chi ha votato UdC, 5 Stelle e Rifondazione l'ha fatto perché pensava che Penati fosse impresentabile. Ed, in effetti, lo è.

La capacità di perdere del PD è pari alla capacità di vincere del PdL. E dando credito di una qualche intelligenza in chi decide le strategie del PD la conclusione possibile è una sola. Il PD rema contro qualunque possibilità di vittoria, ché la poltrona dell'opposizione è sufficientemente comoda. Con un implicito accordo a distanza col Grande Farabutto. Tu mi lasci stare qui buono buono all'opposizione ed io, in cambio, prometto di non romperti troppo le scatole. Un po' come quando si gioca a Risiko. Solo che, invece del tavolo da gioco ci siamo noi, e invece del dado c'è il nostro voto.

1 commento:

Artemisia ha detto...

Capisco la tua amarezza.