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venerdì 12 settembre 2008

Rifugio Larcher al Cevedale


Cappella degli Alpini a Malga Mare
Sempre restando in tema, ecco un'altra escursione che abbiamo fatto proprio il giorno successivo a quella del Lago della Vacca.
L'intenzione originaria era di fare l'"anello dei laghi", su un percorso che connette al punto di partenza (la Malga Mare), prima di arrivare al rifugio Larcher, i laghi Careser, Nero, Lungo e quello delle Marmotte.

Ancora un po' provati dall'escursione del giorno precedente, però, abbiamo optato per lasciare i laghi alla prossima volta e raggiungere il rifugio Larcher sul tragitto più breve, anche se meno scenografico, per poi fare ritorno sullo stesso.


Rifugio Larcher
La malga Mare (che strano nome per una malga a quasi 2000 metri!) si raggiunge in auto da Cogolo (TN). Dopo qualche chilometro la strada si fa strettissima e si comincia a sperare di non incontrare nessuno in direzione opposta.
Ad un certo punto, per proseguire in macchina occorre pagare un pedaggio (di 2 euro) ai ragazzi del parco dello Stelvio, in prossimità di un parcheggio. Ma non siamo ancora a destinazione: da quel punto c'è ancora una decina di km prima di arrivare alla fine della strada, dove c'è un impianto idroelettrico dell'Enel ed un parcheggio.
Qui, oltre la Malga, c'è anche una cappelletta dedicata agli alpini ed alcuni tavoli da picnic immersi nella pineta sulle rive del ruscello. Alcune vacche sono libere al pascolo.
Si parte con un bivio: a destra il sentiero si dirige al Lago Careser. Noi abbiamo seguito invece il sentiero indicato dal segnavia n. 102 verso il rifugio Larcher.

Rifugio Larcher e ghiacciai del Cevedale
La parte più bella è quella iniziale, dove il sentiero si snoda in tornanti in salita tra prati erbosi, boschetti di abeti e torrenti scroscianti su cui sono sistemati ponticelli di legno. In questo tratto sono anche riuscito a vedere un cervo. In cima alla salita comincia un lungo tratto su un sentiero roccioso che arriva fino a destinazione.
Ad un certo punto, giunti al pian Venezia, c'è un'altra deviazione, che indica il Lago Lungo sul sentiero n. 146. Proseguendo invece dritto si comincia ad intravedere il rifugio su un tratto che sembra interminabile. Più lontano il panorama si apre sulle nevi perenni dei ghiacciai del Cevedale. Sul costone opposto della vallata scendono le rapide del torrente Noce Bianco. Dal rifugio, arroccato in bilico sul precipizio, si può godere di una vista mozzafiato.
Il rifugio, che ha, oltre al ristorante, alcune camere, può essere utilizzato come campo base per numerose altre escursioni.
Dopo una pausa e un panino con lo speck locale abbiamo ripreso la via del ritorno sui nostri stessi passi.
  • Tempo di andata: 2:35
  • Tempo di ritorno: 1:52
  • Distanza percorsa: 13.8km (andata e ritorno)
  • Dislivello: 660m (794m in salita, 134m in discesa)
  • Altitudine: da 1953m a 2614m
Traccia GPS
A: parcheggio alla malga Mare; B: rifugio Larcher; C: Pian Venezia; D: Lago Careser; E: Lago Nero; F: Lago Lungo; G: Lago delle Marmotte

venerdì 5 settembre 2008

Orca vacca, che escursione!


La Vacca, Maddie, Mr. Bentley ed io
(io sono quello con gli occhiali da sole!)
Nel parco dell'Adamello c'è un passo denominato "Passo della Vacca", perché proprio lì c'è una formazione rocciosa la cui forma ricorda decisamente un bovino.
Proprio vicino al passo c'è anche un laghetto artificiale che prende lo stesso nome, accanto al quale, oltre alla diga e agli impianti dell'Enel, c'è anche un edificio del soccorso alpino e il rifugio "Tita Secchi".

Una opzione per arrivare a quel luogo è quella di percorrere il sentiero contrassegnato dal segnavia 19 partendo dalla Malga Cadino (raggiungibile in auto). Abbiamo tentato questa escursione (della quale purtroppo non ho il tracciato GPS) a qualche giorno di distanza dall'escursione descritta nel post precedente. La defezione di Mr. Bentley, stremato, ha costretto anche Maddie e R. a fermarsi ad attendermi prima della salita finale.


Marmotta
Più interessante invece è stata l'alternativa che abbiamo seguito lo scorso weekend (documentata da queste foto e dal tracciato GPS). Si tratta di arrivare in auto al rifugio Bazena e di seguire i segnali per il sentiero n. 1 (ex n. 18, come indicato dalla carta Kompass). Questo percorso, un po' più lungo, ma più pianeggiante, era alla portata anche di Mr. Bentley che è riuscito ad arrivare sano e salvo, anche se stremato, alla meta (come testimonia la foto)
Dal rifugio Bazena si imbocca una comoda carreggiabile per qualche centinaio di metri, poi un bivio consente di deviare dalla strada principale e di proseguire lungo il sentiero naturalistico, vicinissimo alla carreggiabile, ma che si immerge nella boscaglia. Su questo tratto ci sono numerosi cartelli che identificano la flora che vi si può incontrare.

Cornone di Blumone (sulla sinistra)
parzialmente coperto dalle Creste di Laione
(dal passo di Val Fredda)
A circa un terzo del percorso la boscaglia si dirada sul costone roccioso a occidente del Monte Cadino ai bordi della Val Bona, dove forti e costanti fischi simili a canti di uccelli rivelano invece un gran numero di marmotte, che siamo riusciti a spiare con il binocolo.
Si supera quindi il passo di Val Fredda, dove c'è un bivio, e si prosegue sempre lungo il sentiero n. 1. Si comincia qui ad intravedere il Passo della Vacca, anche se la formazione rocciosa ancora risulta nascosta.
A poche decine di metri dal passo, dopo l'ultima curva, si riesce finalmente a distinguere la forma della vacca.
Dopo le foto di rito, proseguendo sul sentiero n. 1 la vista monotona di rocce si apre all'improvviso sull'incantevole laghetto, dove Mr. Bentley e Maddie si sono finalmente rinfrescati. Sulla destra, dopo la diga, si raggiunge finalmente la meta: il rifugio Tita Secchi.

Dopo una meritata pausa al rifugio (da non perdere la fetta di polenta con formaggio fuso!) abbiamo preso la via del ritorno sui nostri stessi passi.

Per raggiungere il rifugio Bazena, da Breno si segue le indicazioni per il Passo Crocedomini. Il rifugio e' sulla strada. Dopo il passo, invece, seguendo per Bagolino, si incontra la Malga Cadino (il punto iniziale dell'altro sentiero).

Lago di Vacca e rifugio Tita Secchi
  • Tempo di andata: 4:05
  • Tempo di ritorno 3:02
  • Distanza percorsa: 23.8km (andata e ritorno)
  • Dislivello: 550m (993m in salita, 443m in discesa)
  • Altitudine: da 1818m a 2368m
Traccia GPS dell'escursione.
A: rifugio Bazena, B: rifugio Tita Secchi, C: passo di Val Fredda, D: passo (e roccia) della Vacca, E: Malga Cadino

lunedì 25 agosto 2008

Senter de' Todeschi


Segnavia

Tratto in seggiovia
La vacanza (breve ma intensa) è terminata da oltre una settimana, ormai, ma solo oggi riesco a completare questo post, vuoi a causa della malinconia di fine vacanza, vuoi perché ho dedicato parecchio del tempo alla preparazione del javascript GoogleMap per l'inserimento in questo post ed in eventuali futuri delle tracce registrate con il GPS, ormai diventato compagno fedele delle nostre escursioni in montagna.
Il Senter de' Todeschi è così chiamato perché è stato tracciato dagli austriaci e dai tedeschi durante la prima guerra mondiale.

Parcheggiata l'auto a Pejo Terme, abbiamo preso gli impianti di risalita per raggiungere il rifugio Doss de' Cembri.
Il primo tratto di questi impianti è al sicuro in cabinovia.
Il secondo tratto invece, da paura per uno come me che soffre di vertigini, in seggiovia. Per quanto non esistano restrizioni nel trasporto di cani, questo tratto è praticabile con il migliore amico, solo se è di dimensioni tali da riuscire a tenerlo stretto in grembo.

Ponticello sul torrente Taviela
Ecco, diciamo che per me è stata una esperienza particolarmente "istruttiva", tra Mr. Bentley un po' agitato sulle ginocchia che comprensibilmente non si sentiva molto sicuro e il salto nel vuoto che, ne ero certo, si sarebbe verificato da un momento all'altro per eventi accidentali.
All'arrivo, incredibilmente incolumi, vicino al rifugio, il benvenuto ce l'ha dato un gregge di capre la cui espressione non particolarmente intelligente è stata presa come un affronto da Mr. Bentley, che ha tentato invano di scacciarle abbaiando.

Si comincia salendo su un'ampia mulattiera per qualche decina di metri, costeggiando il torrente, fino ad un guado, in prossimità di una chiusa. Il sentiero vero e proprio comincia al di là del guado.
Il percorso è pianeggiante, senza particolari difficoltà, ma è molto scenico perché a tratti si vede tutta la val di Pejo dal versante meridionale dei Crozzi Taviela.
Ad un certo punto si attraversa il torrente Taviela su di un ponticello un po' instabile costituito da funi di metallo su cui è sistemata una passerella di assi di legno. L'unico punto in cui bisogna fare un po' attenzione è un tratto che si supera poggiando i piedi su un tronco di legno affrancato ad una roccia inclinata, reggendosi con le mani su una corda metallica sistemata un po' sopra.
Poco dopo quel punto c'e' un bivio con un sentiero che consente di tornare a Pejo Terme a piedi. Noi abbiamo deciso di tornare sui nostri passi, fermandoci poi al ponticello per farci uno spuntino con pane, formaggio e frutta che ci eravamo portati nello zaino.

Il tratto che abbiamo percorso è solo una prima parte del sentiero, che prosegue a lungo, dopo il bivio. L'altitudine varia i 2300 e i 2500 metri e ci abbiamo impiegato circa cinque ore, tra l'andata e il ritorno. Carta Kompass n. 648.

Ecco la traccia GPS dell'escursione.
Il punto A indica il rifugio Doss di Cembri, B è il ponticello sul torrente. Da A a C è il tratto di seggiovia, da C a D quello in cabinovia.

mercoledì 21 maggio 2008

Castrovalva


Castrovalva
Questo posto incredibile si chiama Castrovalva, ed è una frazione di Anversa degli Abruzzi.

Percorrendo l'autostrada Roma-Pescara si esce a Cocullo, dirigendosi verso Scanno. Attraversata Anversa degli Abruzzi, si entra nelle Gole del Sagittario, e dopo un ponticello un bivio a sinistra indica appunto Castrovalva.
Dopo qualche tornante di una strada stretta si comincia a vedere il paesino in cima alla cresta della montagna avvicinarsi fino a che la strada si infila in una caverna scavata nella roccia per sbucare subito sull'altro lato della cresta. Ancora un po' e siete arrivati. La strada finisce lì, con un paio di parcheggi.
Si tratta di poche case, tre chiese, un circolo (chiuso) e un bed and breakfast, dotato di qualche camera e un paio di piccoli appartamenti, in uno dei quali abbiamo alloggiato (il b'n'b è facile da trovare, ma evito di consigliarlo, visto che i gestori appartengono a quel genere di persone che, pur non mancando di lamentarsi per il malfunzionamento dei servizi evitano accuratamente di dare il contributo dovuto alla comunità, rilasciando la ricevuta fiscale).

La cosa che più stupisce di questo villaggio è l'assoluto silenzio, quasi assordante, rotto solo dai rumori della natura... uno stormo di uccelli, il fruscio del vento, il miagolio di un gatto... Durante le festività (abbiamo trascorso lì anche il 1' maggio) si riempie un po', e si sentono i rumori delle case vicine, nonché i motociclisti, trecento metri sotto, sulla strada delle Gole. Ma l'atmosfera di pace e tranquillità che si respira è sempre predominante. Anche gli odori sono diversi, sanno di erbe rare, di giardini esotici.

M. C. Escher, Castrovalva (1930)

L'idea sconcertante che ci si fa guardando Castrovalva è che sia sospesa lassù sfidando ogni legge di gravità. Questa sensazione è ben resa dal fedele dipinto di M. C. Escher che lì ha soggiornato per qualche tempo. Sì, proprio quello del nastro di Moebius cavalcato dalle formiche e dei frati impegnati a risalire all'infinito scale impossibili... (guardando il dipinto, in secondo piano, in basso a destra, si vede Anversa, e dietro, in lontananza, Cocullo).

Mappa dell'escursione
(dal depliant del WWF)

Il clima era perfetto per una bella escursione... gambe in spalla, dunque!
Abbiamo imboccato la carrozzabile contrassegnata dal segnavia 18, che porta al piccolo cimitero e poi prosegue in un comodo sentiero tra i boschi. Ad un certo punto si vede dall'alto il paese di Anversa, che, percorrendo il sentiero, rimane come punto di riferimento. Si scende sotto il livello di Anversa fino alle sorgenti di Cavuto, sul fiume Sagittario, dove c'è la sede del parco del WWF, raggiungibile anche con l'automobile da Anversa. Nel giardino della struttura ci siamo fermati per una sosta, dove Maddie si è fatta un'abbuffata di coccole da parte di alcuni turisti romani arrivati con un pullman. R. ha scattato qualche foto ai cespugli di erbe che vengono coltivate in quel luogo, ognuna con il cartello che ne indica il nome, dalle più comuni come il timo ad alcune mai sentite nominare (sembra che Anversa fosse famosa nel medioevo come base per la raccolta di erbe officinali o più o meno magiche...).
Dopo una mezzoretta di riposo abbiamo ripreso il cammino lungo il sentiero 17, che dapprima costeggia nel bosco il fiume Sagittario, un centinaio di metri sotto il livello della strada, e poi sale fino a raggiungere il ponticello dove c'è il bivio per Castrovalva. Qui si riemerge dalla macchia e purtroppo bisogna seguire per un tratto la strada asfaltata, finché il sentiero si mette a salire più decisamente tra le rocce, tagliando i tornanti, fino a giungere di nuovo a Castrovalva dalla parte opposta dell'imbocco del sentiero 18.

A passo lento ci abbiamo impiegato circa tre ore e mezza.
L'escursione è bellissima, salvo forse la parte finale che, nel pomeriggio, rappresenta il tratto più impegnativa proprio sotto il sole. Infatti il mio consiglio è di affrontare l'anello in modo diverso: parcheggiare l'auto alle sorgenti di Cavuto, salire a Castrovalva sul sentiero 17 al mattino ancora freschi di fatica e temperatura, e ritornare sul sentiero 18, molto più facile ed in discesa.