venerdì 6 febbraio 2009

Une gourmandise

Un cuoco per essere pienamente tale deve mobilitare tutti e cinque i sensi. Una

Muriel Barbery
pietanza deve essere una gioia per la vista, per l'olfatto, per il gusto, certo, ma anche per il tatto, che così spesso orienta le scelte dello chef e ha il suo ruolo nella festa gastronomica. L'udito non sembra avere molta voce in capitolo, ma è pur vero che l'atto del mangiare non è caratterizzato né dal silenzio né dal baccano, perché ogni suono che interferisce con la degustazione la favorisce o la ostacola: in questo modo il pasto si rivela decisamente sinestetico.

Il pomodoro crudo, divorato appena colto in giardino, è la cornucopia delle sensazioni semplici, una cascata che sciama in bocca riunendo ogni piacere. La resistenza della buccia tesa quel poco quanto basta, i tessuti che si sciolgono in bocca, il liquore ricco di semi che ci cola agli angoli delle labbra e che asciughiamo senza paura di sporcarci le dita, quella piccola sfera carnosa che riversa in noi fiumi di natura: ecco il pomodoro, ecco l'avventura.

Il vero sashimi è croccante, eppure si scioglie sulla lingua. Invita a una masticazione lenta e flessuosa che non ha lo scopo di far cambiare natura all'alimento, ma soltanto quello di assaporarne l'aerea "morbilezza". Già, la morbilezza: né morbidezza né mollezza, perché il sashimi, polvere di velluto simile alla seta, porta con sè un po' di entrambe e, nella straordinaria alchimia della sua essenza vaporosa, mantiene una densità lattiginosa che le nuvole non hanno.

Il punto non è né mangare né vivere, è sapere perché. Nel nome del padre, del figlio e del bignè, amen. Muoio.


(Brani tratti da Muriel Barbery, Estasi Culinarie)
Uhm... "croccante"?

1 commento:

Anna ha detto...

Ecco, io avrei dovuto fare la gourmandise, ho sbagliato tutto :-)