lunedì 21 novembre 2011

Sit down, relax, eat, eat, eat...

"Siediti, rilassati, mangia, mangia, mangia..." è l'espressione di accoglienza che frequentemente ti rivolgono gli hawaiiani. Anche lì, come nella nostra cultura, il cibo assume un valore sociale, ma il convivio ha una forma diversa. La differenza sta nella "geometria". In Italia si mangia tutti seduti intorno al tavolo, assieme (anzi, è scortese iniziare quando non siano tutti pronti). Alle Hawaii (e, credo, in genere negli States), è più comune il buffet. Ognuno si serve riempiendosi il piatto, e non è infrequente che non esista nemmeno un tavolo. Si mangia ognuno un po' come vuole: in piedi, seduti su sedie o poltrone, lasciandosi trasportare dagli eventi nella formazione di gruppetti di conversazione più o meno grandi.

Luau
Luau è una parola del linguaggio dei nativi hawaiiani che significa più o meno "festa". Lo spirito è quello di ritrovarsi in un luogo per condividere un momento di incontro. Tradizionalmente gli invitati portano del cibo che poi viene condiviso tra tutti.

Il luau a cui ho partecipato nelle mie vacanze hawaiiane è stato organizzato nel Community Center della zona, in occasione del family reunion di mia moglie R.
Gli invitati erano i parenti diretti delle famiglie originate dalla defunta nonna di R, immigrata nelle Hawaii dalle Filippine. Eravamo circa duecento: un buon successo visto che la maggior parte di quei parenti si sono sparpagliati un po' ovunque nel mondo.

Il personaggio più tipico della festa era Patty Boy, un cugino dall'età indefinibile con lunga e folta chioma canuta raccolta in una coda di cavallo. Voce potente e profonda.

La cena al Luau
Quando siamo arrivati con i nostri cognati lui si è immediatamente fiondato dalla sorella di R (che abitualmente abita nello stato di Washington) accogliendola con un caloroso "Welcome to my cos from Italy" ("un benvenuto a mia cugina dall'Italia"). Quando gli abbiamo fatto discretamente notare l'errore ha ripetuto ad R la stessa formula, e mi ha abbracciato calorosamente con un "Thank you for taking care of my cos" ("grazie per prenderti cura di mia cugina").
Patty Boy, come gesto di accoglienza, mi ha messo al collo un lei di ti leaves (foglie di una pianta tropicale), e rispondendo al mio "i am honored" ("sono onorato") non ha perso l'occasione di sottolineare (forse con un po' eccessivo pathos) quanto fossimo fortunati a vivere quell'occasione di rinsaldare l'unità della famiglia.
Ecco, Patty Boy è quello che mi pare incarni meglio, quasi una caricatura, lo spirito di accoglienza totalmente sincero e disinteressato delle Hawai'i.

La cena era disposta su una lunga tavolata con grossi vassoi, pentole e piatti da portata. Il nostro contributo non poteva che essere qualcosa di tipicamente italiano: abbiamo farcito un numero considerevole di cialde di cannoli con ricotta dolce fresca e frutta candita. Il risultato non era affatto male, infatti sono spariti in pochi minuti.

Kalua pig

La preparazione del Kalua pig
La cosa più tipica della tavolata era il kalua pig.
Il modo originario hawaiiano per cucinare il maiale è quello di avvolgerlo intero in foglie di banana e così sotterrarlo in una buca in cui sono state depositate delle pietre arroventate di roccia vulcanica. Il maiale poi è ricoperto di altre pietre roventi e di sabbia. Dopo una quantità di tempo considerevole si scopre il tutto e il maiale si scarta dalle foglie di banana, bell'e cotto.
Abbiamo avuto la fortuna di poter assistere alla preparazione del kalua pig con metodi un poco più "evoluti". Il maiale, dentro le foglie di banana, era stato avvolto in carta d'alluminio e appoggiato in una gabbia di metallo. A sua volta la gabbia era appoggiata sulle pietre roventi all'interno di una buca, ed il tutto era ricoperto con stracci umidi e una apposita coperta di materiale plastico. Noi siamo giunti al luogo della preparazione durante il pomeriggio, nel momento in cui lo stavano scoprendo, ed abbiamo avuto l'occasione di assaggiarlo ancora rovente.

Poke
Tipicamente il kalua pig si accompagna con il poi, cioè una specie di puré di taro, un tubero tropicale dal colore grigio-rosa e sapore dolciastro. Il poi si mangia raccogliendolo da una ciotola con due dita ("two fingahs")

Poke
Un altro tipico modo di mangiare alle hawaii è il poke. Si tratta, più che di pranzo o cena, di spuntino. Il poke viene venduto nel reparto gastronomia dei piccoli supermercati, riforniti direttamente dai pescatori locali, come avviene a Hishihara market.

Lo chef di Chicken in a Barrel
Il pesce, freschissimo, viene tagliato a cubetti ("bite size") e marinato in salse e spezie. In genere si mangia con i chopsticks stile cinese.

Chicken in a Barrel
Una esperienza divertente è stata andare a pranzare in banchetti poco più che improvvisati ai bordi delle strade in riva al mare. Chicken in a Barrel è uno di questi. Un solo personaggio con vistoso cappello da cowboy accetta ordinazioni da una finestra in una casetta di legno,

Saimin
cucina il pollo sulla griglia sistemata sopra ad un fuoco mantenuto in un bidone di latta (un "barrel", appunto) e serve ai tavoli disposti sul prato circostante.

Saimin
Le Hawai'i sono un ricettacolo di tradizioni portate da chi vi è immigrato nelle varie fasi della storia. Grande è la comunità dei giapponesi, e quindi popolare è la cucina di quella provenienza. Uno dei miei posti preferiti è il ristorante giapponese Kintaro, dove ho assaggiato il miglior sushi della mia (limitata) esperienza. Ma un locale che non mi faccio mai perdere, quando vado a Kaua'i, è Hamura Saimin. Il saimin, il locale e i gestori somigliano molto a quelli descritti nel film The Ramen Girl. "Saimin", in effetti, è la denominazione hawaiiana del ramen. Il menù è piuttosto limitato, ma non importa. L'unica ordinazione che abbia un senso in quel locale è, appunto, il saimin.

Tutte le foto di questo post sono state prese dal blog di R: http://rubbahslippahsinitaly.blogspot.com/

2 commenti:

Artemisia ha detto...

In effetti mi pare un modo di vivere molto rilassato. Mi ci vorrebbe proprio.

dario ha detto...

:-) te lo consiglio!