giovedì 5 aprile 2012

Another brick in the wall...

Sapete quel sapore di marcio ed umido che ti rimane in gola - qui in Lombardia lo chiamiamo "magone" - somatizzando un miscuglio di rabbia e delusione per qualcosa che e' andato storto malgrado i tuoi sforzi e nonostante la convinzione che, in fondo, quell'obiettivo, tu, te lo meritavi proprio!?
Quella sensazione che ti fa venire una gran voglia di farla finita... no, non fraintendetemi, non mi e' mai passata per la testa l'idea del suicidio, parlo piuttosto della voglia di farla finita con QUESTA vita. Di azzerare tutto e ricominciare, questa volta pero' stando attento a costruirti intorno un mondo semplice. Piu' semplice di quello che... ma come diavolo hai fatto a rendertelo cosi' complicato?
Eppure non si puo' fare, perche' per costruire questa vita, l'unica che hai, ci hai speso una vita intera, e alla fine, se ti rendi conto di aver scelto la strada sbagliata, ormai e' troppo tardi per tornare indietro al bivio. A quel bivio la cui importanza - solo ora te ne rendi conto - hai decisamente sottovalutato. E adesso ti volti ossessivamente a destra e a sinistra, alla ricerca di una via di fuga laterale, ma qualunque deviazione dalla strada maestra ha un segnale di divieto di transito. Traffico consentito solo a chi ha denaro e potere. Credo sia proprio questa la motivazione che spinge un sacco di gente a spendere un sacco di soldi nelle lotterie, giocando "il giusto", come recita, per dovere ministeriale, la ragazza della pubblicita', talmente allegra che ti verrebbe da pigliarla a cazzotti seduta stante.
Altro che self-made man! Qui l'unica speranza di, non dico farsi da soli, ma almeno migliorare un po' le proprie condizioni (ma che dico: non peggiorarle sarebbe gia' un successone!), per agire sul proprio destino, e' quella di vincere la lotteria, che se non avessi studiato un minimo di statistica e non sapessi che si tratta di una speranza talmente vana da non giustificare nemmeno il costo del biglietto, sarei tentato di giocare anch'io. Altro che merito! Impegnarsi e' inutile, che' tanto, per bene che ti vada, dove sei resterai. E in ogni caso sara' un effetto indipendente dalle tue azioni e dal tuo impegno, cosa credi? Rassegnati!

L'ultimo mattone nel mio muro racconta di quanto sia falsa la strategia di ridurre i diritti dei lavoratori per rendere piu' dinamico il mercato del lavoro. No, non mi pare che rendere piu' facili i licenziamenti possa essere un metodo buono per aumentare i posti di lavoro, a meno che cio' non provochi, come vogliono farci credere, una maggiore facilita' ad assumere. Da parte delle altre aziende, ovviamente.
E' un paradosso. Se l'azienda X potesse licenziare facilmente, e cio' comportasse una facilita' da parte delle aziende di assumere chi viene licenziato, e' chiaro che tornerebbe a vantaggio delle aziende che assumono, e non dell'azienda X (non riuscirete mai a convincermi che per una azienda licenziare comporta alla stessa azienda una esigenza di assumere).
Se l'argomento non fosse tanto delicato verrebbe da riderci sopra. Che logica e'? Perche' mai un imprenditore dovrebbe desiderare la liberta' di licenziare i propri dipendenti se adoperare questa liberta' andrebbe a solo vantaggio dei suoi concorrenti?
E' palesemente falso. Lo capirebbe anche un bambino. Risultati di alcune ricerche etologiche mostrano chiaramente che anche le scimmie danno chiari segni di capirlo: maggiore flessibilita' significa spostare lavoratori da qui a la', mica buttarli fuori dalla finestra con un calcio in culo, sperando solo che nella caduta si ammazzino, tanto per non gravare sulle casse dello stato, che poi, le tasse sono io a pagarle!
Non arrivo nemmeno a discutere se sballottare artificiosamente i lavoratori tra i posti di lavoro sia o no un bene per i lavoratori o per la societa' (indubbiamente spezzerebbe la noia di questa monotonia!). Ma intanto, quanto meno che sia utile alle aziende, e quindi all'economia (ove il bene delle aziende equivale al bene dell'economia - e questo non e' poi cosi' scontato).

Credo che il mio stipendio attuale sia basso. Come faccio a dirlo? Rispetto alla ricchezza che l'azienda si fa attraverso il mio lavoro, anche se ammetto che questo indice e' difficile da determinare. Lo dico anche in considerazione del fatto che e' da otto anni che lavoro qui, e da sette non mi viene accordato alcun aumento. Nemmeno quello sindacale legato all'inflazione programmata (grazie alla voce "superminimo riassorbibile" della mia bustapaga, che mi e' stato accordato appunto sette anni fa' come aumento). Quindi se, come suppongo, otto anni fa' il mio stipendio era, al massimo, giusto, oggi, che ha ridotto il suo potere d'acquisto, e' basso.
Di contro credo anche che il tipo di lavoro che svolgo occupi un posto strategico per un'azienda che vuole crescere investendo: alla fine i computer governano sempre piu' i processi produttivi, no? Con questo non e' che voglio svalutare gli altri tipi di lavoro, intendiamoci. Ma se la logica dei padroni e' quella di inseguire lo sviluppo delle loro aziende, dovrebbero, per mero calcolo, premiare quelli che lo producono.
Si puo' discutere se cio' sia etico, ma allo stato dei fatti le aziende vogliono crescere, o no? Dovrebbe essere questo il compito sociale dell'imprenditore, o no? O vogliamo permettergli di arraffare arraffare alle nostre spalle finche' ci sono le vacche grasse e scappare alle Maldive col malloppo in tempi di vacche magre?

Cambia lavoro, Dario, che e' questo e' il tuo dovere civile.
Eh, ma qui, provincia della provincia, non ci sono posti di lavoro per quelli come me.
E allora devi spostarti.

Ecco, io un lavoro un po' lontano l'avrei anche trovato. E ho chiesto uno stipendio che, al netto, prevede una maggiorazione rispetto al mio stipendio attuale (che ritengo basso) pari ai soldi del carburante necessario per fare il pendolare. Perche' se la flessibilita' del mercato del lavoro e' una ricchezza per la societa', be', non dovra' mica essere tutta a spese del lavoratore! Di fatto, lo stato ti richiede di essere flessibile, ma non fa nulla per rendere possibile realizzare questa flessibilita' coi mezzi pubblici. Ti costringe a prendere l'auto e ti punisce con le accise.
Prendiamo il mio stipendio mensile, aggiungiamoci il costo del carburante per farci gli ottanta chilometri (centosessanta al giorno). Rinunciamo anche al premio di produzione che, in quanto tale, varia col variare della produzione, e quindi - laciamo stare - e' difficile da valutare. In totale ci rimetto. E in piu' spendo 4-5 ore al giorno inutilmente nei trasferimenti, ricompensato oltre che dalla consapevolezza di aver provveduto al mio dovere civile alleviando il senso di monotonia che grava cosi' pesantemente sull'animo del mio Presidente del Consiglio, anche dalla speranza di un posto di lavoro professionalmente e umanamente migliore dell'attuale.

E invece no.
Ci dispiace ma chiedi troppo, Dario.
Dopo averci pensato per un mese mi hanno offerto uno stipendio pari al 20 per cento meno dell'attuale. Di piu' non le possiamo offrire, Dario.
Certo, c'e' la fila di disoccupati pronti a scannarsi pur di ottenere quel posto!

Si dice che gli stipendi degli italiani siano i piu' bassi in Europa (la stima, a onor del vero, mi sa che e' stata fatta prima che la situazione in Grecia precipitasse, ma tra ultimi e penultimi c'e' poco da scialare!).
Certo, diranno gli imprenditori, se si legalizzasse la schiavitu' sarebbe meglio, ma secondo me pagare poco lavoratori professionalmente validi dovrebbe essere gia' un bel risparmio da parte dell'azienda. Eppure, nonostante questo, c'e' crisi. I lavoratori prendono poco ma c'e' crisi. Dove finiranno mai quei soldi?

Mi sento come in prigione. Lavoro in una condizione degenerata al punto che l'unica via d'uscita e' l'impoverimento. Il Padrone ha istituito una gerarchia artificiosamente aggressiva, inutilmente aggressiva, tutta rivolta ad umiliare gratuitamente il lavoratore. Specie se si tratta di lavoratore (come me) che ci ha messo l'anima per fare le cose bene. E non per interesse mio o dell'azienda, ma solo per onesta' intellettuale.

Bisognerebbe scoprire un altro pianeta su cui emigrare: qui non c'e' piu' posto per me.

3 commenti:

giovanna ha detto...

eh, che dirti, hai ragione. Sei molto amaro e non ti si può dar torto.
Ma non emigrare, no!

Passa un Buon giorno di Pasqua!
g

dario ha detto...

Be', giovanna, quella di emigrare su un altro pianeta era solo una provocazione. Ma emigrare all'estero...? Perche' no?

Artemisia ha detto...

Mi dispiace, Dario. Sono davvero tempi bui.