martedì 15 luglio 2008

Chagrin d'école

Chi l'avrebbe mai detto? Daniel Pennac, il professore, da ragazzo era un somaro.

Ma non un somaro genio, come Einstein, che andava male a scuola perché aveva qualcosa di più importante e creativo per la mente. Un somaro perché non riusciva a capire.
L'autoanalisi a posteriori di questa esperienza aiuta il professor Pennac a capire il metodo di insegnamento salva-somari. Che, in effetti, non sembra una gran rivelazione. Bisogna semplicemente immedesimarsi nel somaro e trovare uno stimolo per lui, visto che lui di stimoli, da solo, evidentemente non ne sa trovare.
Il problema è che meno uno capisce, più viene indotto a continuare a non capire, perché in realtà non viene aiutato dalla scuola a capire ma viene accusato di non impegnarsi, o addirittura di farlo apposta.

Daniel Pennac
Il ragazzo non lo fa di certo apposta (mica scemo!), anzi, cerca di trovare il modo di capire. Ma, se non viene guidato, il suo percorso sarà coronato da insuccessi tali da fargli credere di essere troppo stupido per capire. E questa presunta stupidità lo scoraggia al punto di rinunciare ad applicarsi, ché tanto non capirà mai.
Per il professore, lo stereotipo dello scolaro è il ragazzo intelligente, che capisce subito al volo, e che quindi con curiosità pone domande intelligenti. Quello che, entusiasta della lezione studia e sarà preparato alla lezione successica.
La funzione propria della scuola però, non dovrebbe essere applicata soltanto a quel ragazzo, ma soprattutto al somaro. Quello che non studia perché non ha nemmeno capito come si fa a studiare. In una scuola dove il professore si sente gratificato dal facile successo con lo scolaro intelligente, non c'è spazio per il somaro, il quale quindi si sentirà escluso. Proprio lui che invece avrebbe più bisogno della scuola!
Il processo di crescita intellettuale consiste (anche) nell'accettare le regole. Ma accettare passivamente le regole non significa affatto crescere! Di conseguenza un metodo educativo basato sull'imposizione delle regole regole e' destinato a fallire. E per questo, dice Pennac, serve una cosa che suona quasi come una bestemmia, in ambiente pedagogico: l'amore.

Nella mia carriera scolastica non ero un somaro. Non in tutto. Anzi, in alcune materie ero molto bravo. Direi che su di me si poteva addirittura applicare lo stereotipo di cui sopra: intelligente e critico. Però in altre materie non riuscivo, e le motivazioni erano esattamente quelle descritte da Pennac nel suo libro. Se avessi avuto qualche insegnante che mi indicasse la via per Storia e Letteratura avrei avuto la vita più semplice. Queste materie ora mi stimolano. Sono in grado di capirle! Solo che allora non lo sapevo di esserlo. E non lo sapevo perché nessuno me l'aveva mai detto.
Ricordo ora la prof di Italiano e Latino e quella di Inglese (ero molto bravo in lingua latina, e avevo una buona proprietà di linguaggio inglese, ma la letteratura, italiana, latina o inglese che fosse!!!!). Ricordo anche la prof di Storia e Filosofia. Che pena!
Quest'ultima, in particolare, era completamente negata nell'insegnamento (secondo i canoni di Pennac), ma il suo entusiasmo per le materie che insegnava si poteva quasi toccare in ogni sua lezione. Io non capivo, ne' in Storia, ne' in Filosofoa. Poi un bel giorno, nell'ora di Filosofia fui interrogato su Pascal (che ora ho dimenticato del tutto). Ricordo che quel giorno, invece di tentare di ripetere la lezione come un pappagallo, decisi di sostenere con forza il mio punto di vista (ne avevo sempre uno -silenziosamente-, peccato non fosse mai quello ortodosso). Che tanto avrei comunque preso un brutto voto, tanto valeva sfoderare l'orgoglio. Ricordo l'espressione sorpresa ed incredula della prof alla scoperta della mia mente critica. All'inizio sembrava addirittura condannare la mia superbia, ma poi, con lo svolgimento dell'interrogazione, la sua convinzione che io fossi un cretino cominciava a sgretolarsi. Ricordo che fece intervenire anche il secchione della classe, ed allora è diventata una discussione tra me e lui, sotto gli occhi sconcertati dei compagni di classe. È stato il mio primo voto buono in Filosofia. Il primo di una lunga serie.
Questo episodio mi ha sicuramente aiutato nella media per Filosofia, ma non ha modificato in nulla le mie sorti in Letteratura (italiana, latina o inglese) ne' in Storia. In quelle continuavo ad essere un somaro. Però è servita ad accrescere un po' l'autostima. Ho capito che, se volevo, potevo farcela.
Ma l'ottusità delle prof di Inglese e di Italiano e Latino, addirittura della stessa prof di Storia e Filosofia non avevano pari: il mio successo in Filosofia dimostrava palesemente, a questo punto, che io ero un somaro perché non mi applicavo. Facevo apposta! Neanche da prendere in considerazione l'idea di aiutarmi!

Sarebbe stato bello avere un professore come Pennac.

"Diario di scuola" ["Chagrin d'école"] è sostanzialmente la descrizione del metodo educativo, applicabile al ruolo del professore, ma secondo me anche a quello del genitore. A volte il flusso del libro cade un po' nella semplificazione: non credo che il mondo docente si possa dividere chiaramente in buoni e cattivi, e non credo nemmeno che la "somaraggine" sia così facilmente identificabile ed isolabile. Il mondo della scuola ed in generale dei giovani è più complicato di come lo descrive Pennac. Però secondo me è un libro che val la pena di essere letto. Gli ex somari possono smettere di sentirsi soli nella loro somaraggine e riscoprire che si tratta di esperienze vissute anche da altri. Genitori ed insegnanti possono essere guidati nel difficile compito di aiutare il somaro. Tutti gli altri possono empaticamente constatare di essere stati solo un po' più fortunati per non aver dovuto subire questa condizione.

E voi, eravate somari o secchioni? Oppure un po' e un po', come me?

Di Pennac ho già letto (due volte!) tutta l'esalogia (in lingua originale è una eptalogia) di Benjamin Malaussène: "Il paradiso degli orchi" ["Au bonheur des ogres"], "La fata Carabina" ["La fée carabine"], "La Prosivendola" ["La petite marchande de prose"], "Signor Malaussène" ["Monsieur Malaussène"], "Ultime notizie dalla famiglia" ["Monsieur Malaussène au théâtre" e "Des Chretiens et des maures"], "La passione secondo Thérèse" ["Aux fruits de la passion"].
Inoltre ho letto "Signori Bambini" ["Messieurs les enfants"], e il fumetto "Gli Esuberati" ["La débauche"].

Mi è piaciuto tutto cio' che ho letto di questo autore.

31 commenti:

silvano ha detto...

Ciao Dario, non rispondo al tuo commento, non per mancanza di cortesia o altro ma solo perchè un po' mi asterrò da discussioni politiche.
ciao, silvano.

Anna ha detto...

E vabbè Silvano, potevi dire almeno qualcosa su Pennac :-))

Dario, di Pennac ho letto tutta la saga dei Malaussène e mi piace un bel po'. Ogni tanto mi riprendo in mano uno dei libri e mi leggo le sorti del capro espiatorio più simpatico che conosca.
Il libro che citi non l'ho letto, ma l'ho regalato alla mia mamma,ex prof di lettere, per cui mi riservo di leggerlo presto.
Io ero esattamente come te, una somara incostante :-))
Bravissima nelle materie letterarie e totalmente negata per quelle scientifiche. I prof, all'epoca, nel paleolitico
:-),erano quanto di peggio si possa immaginare. Settari, ottusi,fascisti. Ma la nostra classe si distinse nell'intero liceo classico come unica di sinistra, con 23 alunni su 25 iscritti alla FGCI e militanti.
Questo ci penalizzava non poco agli occhi degli insegnanti.
Ricordo con piacere l'insegnante di letteratura italiana e latina , le sue lezioni erano magistrali. Quello che so me lo ha insegnato lei. Per il resto, il vuoto assoluto. Ho talmente odiato il sistema scolastico dell'epoca che, pur avendo studiato per essere una prof, ho fatto tutt'altro nella mia vita.

silvano ha detto...

@Anna: sei terribile! ;o)

dario ha detto...

Anna, io ero all'opposto di te. Bravissimo nelle materie scientifiche (non a caso ero bravo in Latino) e una chiavica in quelle umanistiche.

Gia', Silvano, perche' non ci dici come andavi a scuola?

luposelvatico ha detto...

Amore per Pennac condiviso appieno.

Io andavo bene nelle materie umanistiche. In particolare in storia. Alle superiori, ero un anarchico preparatissimo ed alcune lezioni di storia sull''800 la prof le fece tenere direttamente a me. Su altre materie non ho mai capito una mazza, invece. L'elettronica in particolare è stata la mia bestia peggiore: dai diodi in poi non ho più capito nulla, una cortina nera mi è scesa sul cervello e per tre anni non ho mai preso una sufficienza, salvandomi solo con le altre materie (e portandomi comunque a casa il diploma di perito informatico con la buffa votazione di 59/60).
Non sono mai stato un secchione, ho studiato davvero a fondo solo le materie che mi interessavano, però per orgoglio sono sempre riuscito a ricavare risultati brillanti al momento giusto.
Purtroppo non mi sono laureato, ho lasciato l'università dopo tre brillanti esami di storia perchè il lavoro mi portava in giro per l'Italia e da studente lavoratore l'impresa era improba: ed è il maggior rimpianto della mia vita.

dario ha detto...

Lupo: bizzarra la predisposizione per materie come Storia e la negazione per quelle come Elettronica in uno studente di Perito Informatico! Immagino che la scelta del tipo di scuola si sia rivelata una scelta sbagliata!?

Anch'io ho avuto una buffa votazione, alla maturita': 37/60!!!

Anna ha detto...

Secondo me Silvano era il primo della classe o giù di lì.
Silva', ci ho azzeccato? Dai, almeno in questo :-P

Dario, sto per darti un lavoro ed un'età :-)

dario ha detto...

facile! Lavoro: fancazzista, eta' 12 anni. :-)

a parte gli scherzi, son proprio curioso di vedere che cosa indovini.

luposelvatico ha detto...

Dici bene, Dario, infatti sono un informatico atipico per la mia impostazione umanista...adoro infatti tutti gli aspetti di esame dei processi reali e di problem solving, ma mi annoiano da matti gli aspetti legati alla realizzazione tecnica...meno male che non me ne occupo più da decenni:-)

silvano ha detto...

@Anna: fai l'intellettuale ma poi ti piace giocare coi meme. ;o)
Sei anche negata per quel che riguarda me, o è qualcosa di personale? Mai stato il primo della classe. Mediocre studente. Bravo, anzi per una volta mi gratifico, brillante in italiano, latino, filosofia, storia, nella norma nelle altre materie, pessimo in matematica e fisica. Sono sempre stato promosso cmq (solo perchè ero brillante in quelle materie a onor del vero).
Altre notizie non ne darò, ne parlo solo con il mio analista(psico). :-P

Anna ha detto...

@Silvano, io intellettuale? Az, non ci azzecchi neanche tu.
Io sono una casinara, disordinata, discontinua,con idee in continua evoluzione e rifuggo dalle masturbazioni mentagli degli intellettuali che mi stanno pure sugli zebedei(speriamo che la mia amica Marina non arrivi mai qui).
Comunque una cosa ci accomuna, ossia l'andamento scolastico.
Brillavo nelle stesse materie che hai citato, e matematica e fisica me le sono rifatte a settembre.
Non potevano graziarmi con il 7 in condotta perenne.....

@Dario, 34 anni, veterinario :-)

silvano ha detto...

@Anna: intendevo non ho mai ripetuto l'anno. Me le sono rifatte a settembre anch'io.

dario ha detto...

Uhm... 34 anni veterinario? Sai che ci hai quasi preso? E che mi dici di moglie, figli, hobby, animali di casa...?

Anna ha detto...

Ci ho quasi preso??????????????????
Non dirmelo, saresti il primo :-))

Allora: un cane, sposato,un figlio,hobby.......az, questa è difficile. Mi riservo di pensarci ancora un po'....

dario ha detto...

ihihih.... dai dai dai... fammi un ritratto completo, poi ti dico su cosa hai sbagliato...

Anna ha detto...

Ho scelto l'hobby: sei un collezionista, non so di cosa, ma collezioni.....

Artemisia ha detto...

Ma che bello tornare in Italia e trovare un'amena conversazione qui dove Dario dice che non gli scrive mai nessuno! Dario, mi devi una bevuta.

Grazie per la "recinzione" del libro, per fortuna positiva perchè ormai l'ho comprato e mi sarebbe dispiaciuto che tu mi dicessi di buttarlo. :-)

Beh, io a scuola non vi dico com'ero perchè mi vergogno un po'. Penso comunque che tutto dipenda dagli insegnanti che incontri. Come Lupo, anch'io ho scelto la scuola sbagliata e anch'io ho il rimpianto di non aver fatto l'università.

Oltre che secchiona farò anche la spiona antipatica e dirò l'età di Dario e dirò anche a Marina che Anna ha parlato male degli intellettuali. :-P

Anna ha detto...

Arte,
Marina mi sparerà. Mi porterai sulla coscienza :-)

dario ha detto...

Anna: non ho 34 anni, ma quella e' l'eta' che in gerere mi danno. Non sono veterinario ma e' uno dei mestieri che mi piacerebbe fare, perche' mi piacciono gli animali (non un veterinario da ambulatorio... piuttosto uno di quelli che vanno nei parchi del WWF a riparare le zampe dei rapaci). Ho due cani, ma il secondo e' arrivato solo un paio di mesi fa, sono sposato, non ho un figlio ma mi sarebbe piaciuto tanto averne uno. Mia moglie ha un figlio adulto, ma non fa parte della famiglia, anche se gli vogliamo bene.

Secondo, per quanto ci sforziamo di realizzare il contrario, sulla rete la nostra vita virtuale non rispecchia tanto quel che siamo, quanto piuttosto quello che ci piacerebbe essere, e quindi ci hai preso quasi completamente, nel mio caso.

Rimane fuori l'hobby. E non a caso, secondo me. Perche' poiche' l'hobby ce lo scegliamo, c'e' una corrispondenza tra la vita reale e quella virtuale. No, non sono collezionista ne' mi piacerebbe esserlo. Mi piace portarmi a casa oggettti che mi ricordino i posti dove sono stato, ma non tanto per collezionarli, quanto piuttosto per avere un "gancio" che alimenti i ricordi.
Come hobby suono il pianoforte e amo il giardinaggio (anche se e' solo da poco che me ne occupo, perche' e' da tre anni che ho il giardino, ma fino all'anno scorso non ho potuto utilizzarlo perche' ho dovuto prima "bonificarlo")

dario ha detto...

"Secondo me" intendevo...

Anna ha detto...

Dario,
mi compiaccio di avere in qualche modo colto le cose che ti piacciono e ti sarebbe piaciuto fare. Abbiamo alcune affinità, come quella del giardinaggio che è il mio hoby preferito. E non sono una neofita, ma una vecchia volpe in proposito. Altra affinità è quella del mancato figlio che anche io avrei voluto, nonché l'altra di un figlio adulto di mio marito che non ha mai fatto parte della nostra famiglia. I cani sono i miei amori.Ne ho perso uno recentemente. Ma ne è arrivato un altro, che ora gioca in montagna.

dario ha detto...

Artemisia. Provo a difendere la categoria dei somari.

Ho letto il tuo post ma non (ancora) i commenti. Dico la mia qui, vuoi perche' il tuo post e' un po' "vecchio", vuoi perche' anche qui si parla dello stesso argomento. Secondo me a scuola (soprattutto in una scuola come la nostra - la mia, almeno - ma anche in una utopistica scuola "perfetta") essere secchioni e riuscire nella vita sono due cose che non c'entrano un fico secco l'una con l'altra.

Innanzitutto secondo me essere dei geni non ha niente a che vedere con la felicita'. Non e' che Einstein era felice perche' era genio. Ne' tantomeno era genio perche' era felice. Se devo fare il ritratto della felicita' la prima cosa che mi viene in mente e' l'agricoltore del centro italia (direi nel Chianti, ma visto l'afflusso turistico di quella zona mi sposterei piu' nell'umbria o nelle marche). Questo individuo puo' essere molto intelligente e molto colto, ma non e' necessario che lo sia. Eppure e' molto piu' felice del ricercatore che vive in citta' e lavora all'universita' per "inventare" qualcosa che non sa nemmeno bene lui che cosa sia e quale impatto avra' sulla societa'. Einstein ha inventato la bomba atomica, e mi pare che se ne sia pentito. L'agricoltore ha solo fatto crescere il grano e ha prodotto la pagnotta che non sara' servita a sfamare il mondo per sempre, ma almeno una famiglia per un giorno si'.

Certo non evoco lo stereotipo che da ragazzo seduto in cerchio con gli amici a far girare il cannone chiamavo "l'imbecille felice", cioe' colui che e' felice perche' non riuscendo a vedere oltre il proprio naso, non si rende conto di quanto potrebbe scegliere per esserlo di piu' (contrapposto all'"eterno infelice", la cui intelligenza e curiosita' lo stimola a non essere mai soddisfatto della propria condizione e quindi ad essere sempre infelice). Pero' mi pare che i "semplici" siano piu' soddisfatti di se stessi di quanto lo siano i "geni", perche' la loro condizione non gli impone di sottostare alle logiche di potere. Einstein non avrebbe mai potuto inventare la bomba atomica solo per metterla nel caminetto al posto della legna, anche se l'avesse voluto.

Anche nel migliore dei casi la scuola non insegna come essere felici. Un po' perche' non e' suo compito, ma soprattutto perche' uno la felicita' la trova solo cercandosela dentro.
La scuola e' importante perche' questo e quello... ma la realizzazione di se' e' cio' che importa davvero, e in cio' la scuola non ha alcuna parte attiva. Fornisce gli strumenti, ma non sono ago, filo e forbici che fanno di un tessuto un bel vestito. E' il sarto!

dario ha detto...

Cacchio, Anna, se sei una vecchia volpe allora quasi quasi mi permetterei di chiederti consiglio....

Anonimo ha detto...

Ho letto un tuo commento su Anna e passo a salutarti.
Condivido la stima per Pennac e, se posso intromettermi nelle vostre belle chiacchiere, io a scuola ero una secchiona per il gusto di studiare

Artemisia ha detto...

Ciao Dario, in campagna ho letto il libro di Pennac. Mah, che dirti? Non è che mi abbia entusiasmato. Sarà che non riesco a identificarmi nel somaro! Mi sembra che Pennac dica delle cose scontate (il professore deve saper mettersi nei panni dell'alunno, deve saperlo coinvolgere, entusiasmare, non deve scoraggiarlo, ecc.). Vero, ma non so quanto facilmente applicabile viste le condizioni in cui lavorano gli insegnanti in Italia (classi numerose, molta burocrazia, genitori che fanno gli avvocati dei figli, precarietà, tagli alle risorse, ecc.). Ce lo vorrei proprio vedere Pennac ad insegnare in certe condizioni!
E poi mi sembra un attimino presuntuoso quando racconta che, tranne due o tre casi che non si perdona, è sempre riuscito a salvare i suoi somari e addirittura a far imparare a memoria brani di opere. Mah! Penso agli adolescenti che conosco e che, somari o no, vedono comunque come la morte civile tutto quello che "puzza" di scuola.
Mi è piaciuta invece la parte sui ragazzi delle banlieues, o anche quando denuncia come il consumismo abbia devastato i nostri giovani da non saper nemmeno chiamare scarpe quelle che hanno ai piedi.

Adesso ho iniziato a leggere Fahrenheit 451. Fammi sapere il tuo parere!

PS Emuanuela: finalmente una secchiona come me!?!

dario ha detto...

Ciao, Arte.
Mah... epidermicamente i secchioni mi stanno un po' sulle scatole... :-) senza offesa, ne'!

Te ne racconto una. Io ero un ragazzo intelligente, e dopo elementari e medie in cui ero felicemente confuso nella massa, ho affrontato il liceo con un po' di carenze, che ho superato brillantemente, soprattutto nelle materie scientifiche, entro la prima meta' del primo anno.
Il secondo anno e' andaro via liscio, ma in fondo mi sentivo ancora "bambino".
Al terzo anno ho scoperto che c'era una vita intorno da scoprire... saranno le tempeste ormonali (prima di allora non ero nemmeno sicuro sulla mia identita' sessuale), sara' anche la scoperta di sentimenti puri come l'amicizia. Ho cominciato a indagare sulla mia vita, e sulla fisicita' della mia appartenenza al mondo, e ho scoperto di poter essere triste o felice, eccitato o annoiato, di poter baciare una ragazza sulle labbra, di guardarla negli occhi e di piangere con lei, ho scoperto di poter aiutare in matematica chi non era bravo come me, di poterlo coprire rimettendoci del mio. Ho scoperto l'alcol e lo spinello, che, per quanto non ne abbia mai abusato, mi hanno insegnato ad essere un individuo nel gruppo.
E poi c'erano gli insegnanti. Chi se ne fregava, chi mi vedeva come caso clinico, chi si adoperava per entrare dentro di me a capire il problema e trovare una soluzione. Ma nessuno... nessuno di loro si e' mai preoccupato davvero di aiutarmi a crescere, di darmi una mano nella vita, oltre che negli studi.
Pensa un po'... addirittura (e questo me l'ha rivelato papa' tempo dopo), si sono messi d'accordo, informando anche mio padre, che era meglio abbassarmi qualche voto e farmi ripetere l'anno con piu' calma piuttosto che farmi correre per colmare le mie (pochissime) lacune.
E cosi' ho rifatto la terza liceo.
Ancora oggi mi chiedo perche'.

Anch'io ho le tue stesse critiche al libro di Pennac. E, effettivamente, confrontando questo libro con la saga Malaussene, l'ho trovato davvero inadeguato.
Tuttavia credo che le ovvieta' che dice dovrebbero essere capite, e non solo lette, dai nostri insegnanti.
Le condizioni di lavoro dei poveri insegnanti? Be', non mi sembrano affatto una scusante. Un chirurgo malpagato che lascia un bisturi nello stomaco di un paziente sara' anche giustificato, ma il paziente finisce che prima o poi muore.
Certo, bisogna lottare per avere condizioni migliori nelle scuole, ma il mestiere dell'insegnante e' una vocazione. Se quella vocazione non ce l'hai, allora fai il lustrascarpe.

Artemisia ha detto...

Caro Dario, dopo aver navigato in rete buona parte del finesettimana ora ci posso stare poco e il tuo commento meriterebbe una risposta piu' approfondita.
Ma tu non ce l'hai il collegamento a casa?
Comunque, mi definisco "secchiona" per provocare (soprattutto i miei figli) ma non ero propriamente una secchiona. Sono sempre andata bene a scuola, non ho mai preso un'insufficienza ma ho sempre aiutato gli altri. A casa mia prima dei compiti in classe c'era il tutto esaurito.
La mia esperienza di adolescente e' esattamente contraria alla tua. Niente vita esterna alla scuola. I miei, in particolare mio padre, non me lo permetteva. Vivevo come una reclusa e soffrivo come un cane per questo. Figurati alcool e canne! Per questo la scuola rappresentava la mia unica occasione di contatto con i miei coetanei che, nonostante le numerose manifestazioni d'affetto durante l'anno scolastico, d'estate sparivano. Manco una telefonata! Dai miei diari ti puoi fare un'idea di come mi sentivo. Va da se' che la scuola per me fosse importante, era il MIO momento.

Detto questo, non e' che voglio compatire gli insegnanti ma se tu ti rendessi conto in che condizioni lavorano oggi (non pensare alla nostra scuola, molte cose sono cambiate) capiresti che se non si creano le condizioni perche' la scuola PUBBLICA funzioni (non per il comfort degli insegnanti) si creera' sempre piu' disparita' sociale. Chi se lo puo' permettere mandera' i figli alle scuole private, gli altri si attaccheranno e rimarranno nel bronx. Piu' che di "vocazione" parlerei di un lavoro delicato che va fatto solo se c'e' la passione.
La passione ti aiuta a superare le difficolta' ma oltre un certo limite e' umano gettare la spugna. Ne ho parlato anche in questo post.
Ora ti devo proprio lasciare.

dario ha detto...

Ammazza ao! tutte ste autocitazioni! pare che per ogni argomento tu abbia gia' scritto un post!!! :-)))))

Senti, guarda che lo so in che condizioni e' la scuola Italiana. Una mia cara amica, ad esempio, fa l'insegnante in una scuola media nell'equivalente del Bronx a Torino.
Una volta l'ho fatta anche piangere disperata sulla mia manica.

Ed hai perfettamente ragione sulla politicita' del problema. Ma non e' questo il punto.

Il punto e' che sono sicuro che (e la mia amica che frigna sulla mia manica me lo conferma pienamente) non ci sono molti insegnanti pronti a piangere sulla manica dell'amico.

Al momento io lavoro solo per portare a casa lo stipendio. Ma io me lo posso permettere, perche' non ho le vite di altre persone sulla coscienza.

Artemisia ha detto...

Hai ragione: mi autocito troppo. Lo faccio per due motivi:

1) cercare di essere piu' esauriente possibile nel minor tempo possibile (visto che su un argomento ci ho gia' pensato su e ho gia' scritto il mio parere, perche' rischiare di essere superficiale e frettolosa?)

2) sono affezionata ai miei post vecchi, soprattutto i primi che erano molto piu' curati di quelli di adesso ma siccome non mi conosceva nessuno non li ha letti quasi nessuno. E stanno li' poverini trascurati e negletti!

D'accordissimo con te che l'insegnante (come altri lavori delicati) va fatto solo con coscienza e dedizione, ma la tua amica ti potra' confermare che in certe condizioni anche i piu' motivati (quelli che la Boscaino chiama "folti gruppi organizzati di resistenza attiva") si arrendono. Mi sembra umano. E di questo ne pagano i ragazzi e alla fine il paese intero.
Che poi ci siano insegnanti che non fanno un tubo o addirittura fanno danni su questo non ci piove.

dario ha detto...

Arte, continua ad autocitarti, non volevo fare critiche su questo punto!

Condizione della scuola pietosa si'... ma secondo me il punto e' un altro, e c'e' tutto nel libro di Pennac. Prendi la mia prof di Filosofia, per esempio... Certo, erano altri tempi, ma prendila ad esempio comunque.
Bravissima e preparatissima nella sua materia, ed anche entusiasta. Ma assolutamente incapace di comunicare con gli studenti.
Oddio, no, mi correggo.
Assolutamente incapace di comunicare con i somari (com'ero io allora, prima che incominciassi a capire - cosa che sono riuscito a fare con le sole mie sole forze).
Certo aveva un buon rapporto con i secchioni, e ancora di piu' con quelli che, tra di essi, ragionavano anche di testa loro. Ma i somari rimanevano tali perche' lei non li aiutava.

Poi si puo' sindacare sul fatto che fosse lei una stronza, oppure una che non e' stata capace di imparare ad insegnare, oppure che la scuola non prepara gli insegnanti ad insegnare, oppure che, anche se isola felice, il nostro liceo soffriva della situazione gia' allora un pochino disastrata della scuola italiana. Sta di fatto che un insegnante che non sa insegnare, anche se sa tutto sulla sua materia, e' assolutamente inutile a chi invece ne ha proprio bisogno. Inutile.
E allora, anche se il suo stipendio e' piccolo piccolo, sarebbe meglio risparmiarlo.

La mia amica dice quello che dici tu. Pero' ha passione nell'insegnamento, e quindi insegna con passione. Certo ci sono dei problemi. Enormi problemi. Ad esempio mi raccontava di un bimbo immigrato con una situazione familiare terribile, oltre che una poverta' estrema, contatto con le bande di periferia, e con dei disturbi psichici, a cui e' stato negato, per mancanza di fondi, anche l'insegnante di sostegno. Ma la mia amica, piangendo sulla mia spalla, soffriva la sconfitta di non poter aiutare anche lui. Certo, e' colpa della scuola come istituzione, e non degli insegnanti, perche' in fondo il fatto di piangere sulla mia spalla non cambiava affatto la situazione.

Pero' la mia prof di filosofia non avrebbe mai pianto sulla spalla di qualcuno per incapacita' manifesta di aiutare me. Anche se, obiettivamente, io non ero un caso cosi' disperato.

Artemisia ha detto...

Su questo hai perfettamente ragione, Dario: conoscere perfettamente una materia non vuol dire affatto "saper insegnare". E tanti insegnanti preparati sulla loro materia non sanno insegnarla.

La tua amica e' proprio l'esempio del "folto gruppo di resistenza nonostante tutto". Un caso simile a quello che citi l'ha avuto anche mia nipote alle medie. Niente soldi per l'insegnante di sostegno. Proteste e riunioni dei genitori. Lettere su lettere a tutte le autorita'. Risultato: quasi tutti gli insegnanti hanno chiesto trasferimento. Pavidi? Forse, ma il senso di impotenza che ha provato la tua amica mi fa pensare che forse semplicemente ed umanamente si sono arresi.

Che poi nessuno debba essere lasciato indietro, questo lo diceva Don Milani ancora prima di Pennac.
Lo trovo sacrosanto anche se, purtroppo, spesso impossibile.

Ti ringrazio di avermi autorizzato l'autocitazione. Lo considero un gesto d'affetto. Naturalmente senza alcun impegno ad andare a leggere i post che cito.
Smack!